Parrocchia dei SS Giovenale e Cassio nella CATTEDRALE DI NARNI
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Per qualche notizia biografica sui Vescovi di Narni, si riporta  di seguito il testo completo di Giovanni Eroli, contenuto nel suo libro Le Chiese di Narni e suoi dintorni. 
Poichè il libro  fu dato  alle stampe nel 1898, la "Serie dei Vescovi Narnesi"  si conclude con il Vescovo Cesare Boccanera, eletto nel 1888:
SERIE 
D E I   V E S C O V I   N A R N E S I
DAL QUARTO SECOLO FINO AL MDCCCXCVII

I. S. Giovenale
368. — Giovenale, di nazione africano, e nativo di Cartagine, fu di nobile stirpe, di credenza cristiano, di professione sacerdote e medico. Pieno di fervore per la sua religione recossi in Roma, e quivi e altrove diedesi a predicarla senza timore, senza  risparmio di fatica, e con quell' ardente zelo e potente carità, che sono propri delle anime grandi e virtuose. Per ciò dal suo difficile ministero trasse molto frutto, vincendo i cuori più duri e miscredenti. Nella capitale essendosi estesa la sua fama, ebbe opportunità di far conoscenza, ed insinuarsi nell' anima del Pontefice, allora regnante, Damaso I, il quale sperimentate la sua somma scienza e virtù, adoprollo in varie ecclesiastiche bisogne. Finalmente nell' anno 368 ebbelo destinato Vescovo a Narni per desiderio espresso di alcuni suoi cittadini, e anco per istanza di una certa Filadelfia, matrona romana, di stirpe imperiale, la quale, come seguace di Cristo, molto caritatevole, aveva cortesemente accolto in sua casa Giovenale, trattandolo quale fratello con molta generosità e onesto affetto. Ma, prima di dar commiato al caro ospite per la decretata sede, vuolle essa consegnargli una lettera di raccomandazione ad alcuni distinti e potenti cittadini narnesi di sua conoscenza e della stessa religione, perchè il novello Vescovo fosse ajutato e protetto nelle sue difficili prove. I detti personaggi appartenevano alle antiche genti Anicia e Cocceja, ambedue  consolari, e la seconda anco imperiale, perchè dalla sua stirpe nacque l' imperatore romano Nerva Coccejo [1]. Accolse più di tutti la raccomandazione Venanzia Anicia, dando gratuito albergo a Giovenale, e facendolo della sua mensa. In Narni avean per lo passato bandito l'Evangelio tre altri insigni Vescovi, cioè s. Terrenziano della sede di Todi, s. Feliciano di quella di Fuligno, e s. Valentino Pastore ternano ; al quale morto Giovenale levò un Oratorio lungo la via di s. Andrea della Valle, e nel luogo stesso, dove nel sec. XVI i Capocaccia eressero un bel palazzetto [2] adorno di vaghe e ben foggiate pitture. Poco frutto ritrassero certamente dalle loro fatiche i tre estimabili nobilissimi evangelizzatori, e però pochi furono i pagani convertiti. Il merito della vittoria e del trionfo era riserbato al nostro Giovenale, la cui faconda parola, tutta viva di scienza divina, unitamente alla sua virtuosa vita ed ai miracoli operati, avea affascinato e vinto 1' animo della maggior parte dei narnesi. Basti dire che in un sol giorno convertì e battezzò circa due mile persone : la quale inattesa conversione produsse il necessario effetto, perché molti altri si fecero cristiani, pochi restando fedeli all' antico culto pagano. Per questa cagione potè atterrare alcuni templi degli Dei falsi e bugiardi, sostituendovi quelli del vero Dio, della sua Vergine Madre e dei santi più noti : Sette anni, con varie vicende, resse Giovenale la  cattedra narnese, ottenendo, come vogliono i più accreditati agiografi, la palma del martirio addì 7 degl'idi di agosto  del 376. Venne sepolto con doppia cassa, 1' una di legno, l’altra di pietra, dentro una grotticina, ad arte scavata, pochi metri distante dall' antica porta della via Flaminia, oggi denominata l' Arco del Vescovo. Massimo, a lui successo nella sede, rinchiuse il sepolcro dentro un umile Oratorio per commodo dei devoti e di lui stesso che andava spesso a visitarlo, venerarlo e pregarvi. La molta antichità fece estinguere la memoria del luogo preciso del sepolcro, per cui stavasi incerti in qual parte dell'Oratorio venisse riposto. Ma il Vescovo Bucciarelli, avuta una buona ispirazione, fece praticare, per trovarlo, uno scavo nella parete di faccia, ove appunto venne alla luce. Ne fu eseguita la ricognizione, raccolte le ossa con le ceneri, e questo con pompa solenne e pubblica gioia trasferite, come già dissi, sotto l’ altar maggiore [3]. Narni tolse a suo principal protettore codesto primo Vescovo, celebrandone la festa ai 3 di maggio ; ma questa festa, che prima menavasi con grande solennità, oggi è poco o nulla più curata, per cui sempre riesce languida e meschina. Gli atti suoi andettero confusi con quelli del secondo Vescovo omonimo. Varie questioni nacquero sul martirio e su altri punti della sua vita ; ma non è mio proposito ripeterle, dibatterle e risolverle. Chi desiderasse esserne informato, ed avere più estese notizie di lui, legga la raccolta dei Bollandisti, e la vita, che con bello stile ne scrisse ultimamente il Nicolai, canonico un tempo della nostra cattedrale, prof, di teologia nel seminario, poi Arciprete in s. Benedetto del Tronto, e oggi Vescovo di Ripatransone. 

II S. Massimo o Massimiliano.
376 — Con uno di questi due nomi trovasi il nostro secondo Pastore notato ne' vari elenchi, o scritti o stampati, da me conosciuti, de' Vescovi narnesi. Di lui non altro sappiamo, che fu uomo assai dotto nell’ ecclesiastiche discipline e di santa vita, si che procacciossi gli onori dell' altare. Ammiratore de' meriti del suo antecessore, vuolle presso il sepolcro innalzargli un Oratorio, dov' esso e altri devoti del defunto venivano a pregare. Questo poi, come già notammo, fu rinchiuso nel presente tempio, e forse in altro anteriore più antico e distrutto. Massimo, creato Vescovo nel 376, cessò di vita, a parere di alcuni, nel novembre del 416. In una bolla di Papa Alessandro II, riportata da vari storici, si qualifica per uno dei primi santi Protettori del luogo insieme a s. Giovenale ed a s. Cassio. 

III. Pancrazio I.
425 — Questi occupava la nostra cattedra nel 425; ma non è l'anno preciso della sua elezione, come neppure certo l'anno assegnatogli della morte 455. Non altro ci è noto di lui, se non ch'ebbe moglie, e da questa due figli, che a lui successero nel vescovato col seguente ordine. 
IV. Erculio
455. Eletto circa il 455, e morto intorno al 470. Il suo fratello appellossi col nome del padre istesso. 
 V. Pancrazio II 
470 — Il nome suo fu da qualche scrittore erroneamente scambiato in Pasquale. Salì la cattedra narnese forse nell' anno istesso della morte del fratello ma terminò di certo suoi giorni nel 493. Di questi tre soggetti, fra loro stretti parenti, ignoriamo ogni altra notizia, e solo ci sono rimasti i nomi scolpiti in lapida di marmo, da me prodotta nel descrivere la cappella di s. Cassio ( un tempo Oratorio di s. Giovenale ), ov' è riposta. Debbo qui anco far rilevare l' errore di tutti gli scrittori, i quali il nostro Erculio appellarono Ercole, credendo sbaglio del lapicida l' avere scolpito  Frater Herculi in vece di Frater Herculis, ignorando essi che anticamente eravi il nome di Herculius avuto da altri Vescovi, e specialmente dal primo Vescovo di Ocrea distrutta o di Otricoli sua frazione vicinissima ed ancora in piedi. Perciò il genitivo latino Herculi, con l' i allungato, porta con se il nominativo Herculius.  Né mi si dica che Herculi è dativo di Hercul, poiché vien ciò contraddetto dall' antecedente formola della lapide Filius Pancratì parimenti genitivo. E così avremo senza dubbio restituito al figlio di Pancrazio I il suo vero nome. 

VI. Vitaliano.
499. Vitaliano, o Viteliano, o Vitalino sono i vari nomi che nella storia episcopale porta questo Vescovo, sulla cui vita siamo pienamente all' oscuro. I concili, celebrati a Roma da Simmaco Pontefice negli anni 499 - 500 - 501 - 502 - 504, ci dànno il solo suo nome sottoscritto. 
VII. Proculo
536 — Qualcuno pone per successore costui a Vitaliano, quantunque altri lo escludano dalla nostra serie, e lo diano a quella di Terni. Ma, se nello stesso anno noi abbiamo alla sede vescovile s. Cassio, bisogna dire o che in questo tempo Proculo morisse, o che a noi non appartenga, come afferma il Cappelletti nell'opera sulle chiese d' Italia. Ma le sue ragioni poco valgono per darlo solo a Terni. Noi sappiamo, che essa città, in questo tempo da' nemici impoverita e mezzo distrutta, non più aveva Pastore proprio, e per ciò stava sotto l'amministrazione del nostro, ed appunto s. Cassio la governava. Non potrebbe dunque essere, che anche Proculo tenesse la cura di ambedue le greggi, e che per ciò fosse detto ora Vescovo di Terni, ora di Narni, e che da ciò nascesse il dubbio della sua vera sede? In mancanza di documenti certi la mia supposizione merita qualche fede. Non mancano scrittori, i quali affermano, che Proculo fosse il primo a fabbricare un tempio presso l' Oratorio di s. Giovenale ; non recando alcun documento di cotesta loro asserzione. Ma, ammettendolo pure, il tempio di Proculo nelle vicende del mondo sarà stato al certo distrutto, mentre il presente non va più indietro del sec. X. Tale notizia tradizionale è una conferma della mia asserzione, che Proculo abbia occupata anco la nostra sede. 
VIII. S. Cassio
536 — Cotesto sant' uomo successe a Proculo. Ebbe a moglie una donna quanto lui virtuosa, e con essa passò costante e placidamente la vita. Tanto fu il loro affetto, che anche dopo morte vollero stare congiunti, perciò un solo sepolcro rinchiuse le loro salme, come dichiara l' iscrizione ancora esistente, e da me dianzi notata. Dalla iscrizione apprendiamo pure, ch'egli passò al gaudio del cielo ai 29 giugno del 558, per cui tenne la nostra cattedra anni 21, mesi 9, giorni 10. Si vuole, ch'egli, come già dicemmo, amministrasse anco il vescovado di Terni per le ragioni espresse, ma che poi lo cedesse a un Valentino, terzo di questo nome nella serie ternana. S. Gregorio Magno nell' omelia XXXVII, e nel cap. LVI del libro de' dialoghi ne fa magnifico elogio, affermando che celebrava la messa tutti i giorni nell' Oratorio di s. Giovenale, ch' ebbe poi titolo di s. Cassio dopo ch' egli vi fu sepolto, e anco probabilmente perché lo ebbe restaurato. Dice di più s. Gregorio ch' egli faceva elemosina e aspra disciplina, che dava a tutti ottimo esempio co' suoi santi costumi, che fugli predetta la morte da un suo prete affezionato, che si ebbe la notizia in visione da Dio stesso con avvertimento che dovea succedere nel dì natalizio di uno dei due Apostoli s. Pietro o s. Paolo. Tale predizione avverossi dopo sette anni. In sul morire raccomandò a tutti i sacerdoti, che circondavano il letto, la concordia, la fratellanza, il proprio dovere ; quindi consegnò a un di loro il panno per coprire, come allora costumava, la faccia di lui moribondo, e cosi placidamente spirò nel bacio del Signore con grande dolore e desiderio di tutta la sua greggia. Il Cappelletti ci fa sapere  che in antico passionario manuscritto, il quale conservasi in Lucca nella biblioteca dei canonici, « è detto, che il papa abbia donato (in ricompensa della città di Narni restituita ) al Marchese Adalberto di Toscana i corpi di s. Cassio e s. Fausta, e si pretende che ancora esistano in detta città. Non così peraltro la pensano i narnesi, i quali tengono per fermo esisterne le sacre spoglie nella cappella al medesimo intitolata ». Ma i narnesi non ponno aver ciò affermato al Cappelletti, sapendo essi bene, che le sacre spoglie non sono più in Narni, ma a Lucca da tempo immemorabile. Come sia ciò avvenuto è incerto; certissimo poi che i lucchesi donarono al Capitolo della cattedrale un dito e altre reliquie del santo, come viene affermato dal Bucciarelli che raccolse dallo archivio capitolare i documenti su detto tempio. 
IX. Giovenale II.
558 — Si tiene di nobile stirpe, sapiente, bene istruito nell' ecclesiastiche discipline, distinto per santa vita e grande fervore nel suo nobilissimo officio. Eletto nel 558, occupò la nostra cattedra fino al 565. I suoi atti, qualmente innanzi dicemmo, vennero confusi con quelli del primo Giovenale. Sostenne martirio non lungi da Terni per feroce persecuzione della setta degl' Iconoclasti, ai quali egli impavido mosse asprissima guerra. Il suo corpo, tumulato nella presente cattedrale, o in altra più antica, venne un dì trafugato, quando eravi la smania di rubare le ossa de' santi, da quei di Fossano, città del Piemonte, ove presentemente si venera e festeggia ai sette di Maggio. Alcuni lo dichiarano confessore e non martire ; ma questo dubbio non merita discussione, mentre non saprebbesi a chi dar ragione per mancanza di documenti. A suo tempo Papa Pelagio I. (e non Innocenzo primo, come scrisse l' Ughelli ne' Vescovi d' Italia) confidò novamente al Vescovo di Narni l' amministrazione della mensa vescovile di Terni, città afflitta per nuove sciagure, e mezzo distrutta. 
X. Giovanni
565 — Prese il luogo di Giovenale, sendo pontefice Pelagio II, come giustamente prova il Cappelletti. Ma, col tempo, chiese un coadiutore, che gli fu concesso, non potendo più sostenere, o per malattia, o vecchiaia, il carico episcopale. E ciò apprendiamo per una lettera scritta dal Pontefice istesso al Clero narnese, la quale si riferisce da Graziano nel suo decreto, e quindi dal Mansi alla pag- 910 del secondo tomo della gran collezione dei Concili. 
XI. Projettizio
591 — Costui vien presso a Giovanni ; ma di esso fa soltanto ricordo una lettera di Gregorio Magno riferita dal Cappelletti, con cui il Pontefice lo sollecita a procurare che si convertano i Longobardi, imputati dell' eresia degl' Iconoclasti. 
XII. Costantino
595 — Costantino, o Costanzo, leggesi in quest'anno sottoscritto al Sinodo romano ; come pure nel 601 al Concilio terzo romano, ambedue presieduti dal detto Gregorio, il quale raccomandandogli  la rovinata città di Terni, mettendone la diocesi sotto la sua buona amministrazione, non essendo conveniente darle un Vescovo proprio, perché rimasti in lei pochi individui. Ma, siccome alcuni storici negano che questa lettera riguardi Terni e il nostro Vescovo ; ma piuttosto Terracina e il Vescovo di Palermo, però il Cappelletti sostiene con buona critica la prima opinione, abbattendo valorosamente gli avversari. Quando Costantino morisse, non si conosce ; ma é certo che nel 649 eragli successo altro Vescovo
XIII. Anastasio
649 — Sappiamo aver costui firmato il Concilio ecumenico lateranense tenuto da Martino I. Seguitò esso pure a reggere la diocesi di Terni, perciò alcuni lo assegnano soltanto a questa città. Il 17 agosto del 653 vuolsi che fosse l'ultimo della sua vita, bene spesa a vantaggio di ambedue i greggi a lui commessi. 
XIV. Deusdedit
680 — Fra Anastasio e Deusdedit {ital. Diodato) havvi una lacuna di circa 27 anni, per cui parrebbe esservi stato di mezzo altro Pastore ; ma questa supposizione non ha alcun appoggio. Manchiamo d' ogni sua notizia, e però ci basti averlo notato dietro la sua sottoscrizione al Concilio romano. 
XV. Vilaro, o Wilare
721 — Con questi due vari nomi dànnoci gli storici il decimo quinto Vescovo, che, regnando Gregorio II, pose la sua firma nel Concilio romano, e trovossi presente allorquando Luitprando usurpò Narni con altre città. In lui cessò l' amministrazione del vescovado ternano. Il catalogo vaticano ce lo dà Vescovo anco di Gubbio e Sutri.
XVI. Costantino II 
741 — Il Muratori nelle sue opere ricorda questo nostro Vescovo denominandolo Consignense. Ma questo termine lo credo un errore, scambiato dall' amanuense, che lesse il manoscritto, con la parola, usata in altri codici Nargnense per Narnese. Nè sappiamo altro di lui.  
XVII. Ansualdo
769 — Ansualdo, o Ansaldo, fu Vescovo ignoto all' Ughelli, non avendo esso conosciuto il Concilio lateranense, tenuto a tempo di Stefano III, dove egli si sottoscrisse. Ed il Mansi appunto lo nota nella pagina 841 del primo volume dei supplementi alla sua Collezione dei Concili ( Ediz. di Lucca del 1748). 
XVIII. Stefano
853 — Tra Ansualdo e Stefano deve essere stato altro Vescovo, essendo scorso molto tempo dall'uno all' altro, se non vogliamo supporre una lunga sede vacante. Ma come di Ansaldo non ci é palese che il nome, così pure di Stefano, che lo pose nel Concilio romano dell' anno soprascritto. 
XIX. Martino
861 — A pari modo dei due antecedenti Vescovi, non conosciamo di costui che il nome segnato nei Concili romani tenuti nell' anno 869, sotto Nicolò I per condannare l' Arcivescovo di Ravenna, Giovanni X, e nel 879, regnando Alessandro II ; come pure nel Sinodo ordinato da Giovanni VIII. l
XX. Bonoso
898 — Quest' anno ci dona un novello Vescovo segnato nel Concilio romano ordinato da Giovanni IX per attestare 1' innocenza del calugnato Gerarca Formoso. Appare suo nome anco nel giudicato di Benedetto IV, e dell' Imperatore Ludovico IV, pubblicato nel 906 a favore della chiesa di Lucca. 
XXI. Giovanni II 
940 — Costui, dottissimo, fu nostro concittadino, e però nostro sommo vanto. Ebbe moglie, e da lei un figlio omonimo, che successegli nella sede vescovile, e che lo vinse in dottrina e dignità, poiché ottenne la tiara pontificia. L' anno 960 fu l' estremo di sua vita, e nel morire ebbe la dolce soddisfazione di lasciare al mondo un figlio da lui stesso istruito, disciplinato, e perciò fatto degno di ogni onore, stima e rispetto. 
XXII. Giovanni III 
960 — Se cotesto Giovanni successe immediatamente, come si afferma da tutti, al padre, è duopo credere che l' anno della costui morte fosse quello della sua elezione e non mica altro anno datoci da qualche scrittore. Ebbe Giovanni due soprannomi, quelli di Bono e di Albagallina ; il primo per la sua bontà e virtù, il secondo perchè nacque co' capelli bianchi. Alla grande virtù aggiungeva grande scienza, per cui ebbe molta reputazione e celebrità. La sua fama giunse fino al soglio pontificio sì che fu chiamato a Roma ed eletto bibliotecario della santa Sede, ed il suo ufficio esercitò con molta cura, arriccando eziandio la biblioteca di scelti codici. Come bibliotecario si sottoscrisse in una carta di donazione, da lui fatta a favore del monistero di Subiaco con queste parole : « Ego Joannes Episcopus Narniensis, Sancte Sedis bibliothecarius, hoc parvulum munusculum placuit offere tibi b. Benedicte Confessor Christi, scil. Sublac. duas petias terrae vinéae cum arboribus et pertinentiis positis in via Appia 41 mil Romae in fundo nobulae ( sic ) Marotiae eccellentiss. Faeminae atque Senatricis ». Narrasi che costui fosse contrario a Papa Giovanni XII, prendendo parte nel conciliabolo tenuto contro lui al cospetto dell' Imperatore Ottone a favore dell' Antipapa Leone VIII., e che testimoniasse averlo veduto ordinare un diacono entro una stalla. Ma parmi che questa testimonianza abbia molto colore di menzognera invenzione, e per la stranezza del fatto, e per le qualità morali, ben conosciute, dell' accusatore e dell' accusato. Se il nostro Giovanni avesse avuta sì pessima condotta e mala fama, non sarebbegli certo riuscito di salire sulla Cattedra di s. Pietro, che resse onorevolmente con senno e prudenza in tempi torbidi, e assai diffìcili a governare [4]. Ma come potè essere del partito dell' antipapa Leone, se questi, per odio e vendetta contro lui, ebbelo cacciato dalla sede narnese, sostituendovi nel 903 un certo Melantone ? Morì compianto, desiderato da tutti, ed ebbe sepoltura nella basilica di s. Paolo [5] con memoria ancora esistente in marmo e da me riferita nella Miscallanea stor. narnese. 
XXIII. Stefano II
968 — Salito l' Albagallina in dignità pontifìcia, elesse a suo successore Stefano, che, di buona vita e dotto, ben meritossi la stima del Pontefice e sì alto onore. Della sua elezione non si conosce l' anno preciso, perché il qui sopra notato fu ricavato dalla bolla fatta spedire da esso Pontefice per la erezione dell' Arcivescovato di Mimo, ove detto Stefano si sottoscrisse . Vuoisi che egli vivesse fino al 1015. In fatti in quest' anno pose la sua firma nel Concilio romano, ordinato da Benedetto VIII. Nel tempo del Vescovo Stefano venne fondato, poco distante da Narni, tra il 996 e 999, il monastero benedettino appellato Santangelo in Massa, e da questo ne derivarono altri, che si sparsero per la nostra diocesi, che resero più nobile, più ricca e feconda. Santangelo in Massa fu eretto sopra antica villa romana donata o venduta dal possessore ad essi benedettini. Da principio ebbe libero governo ; ma nel ; 1037 fu sottoposto alla giurisdizione del monistero di
Farfa, allora governato dall' Abbate Ugone.
XXIV. Anonimo
1027 — Il Mansi nell'opera citata aggiunge questo Vescovo nella nostra serie, di cui ignoriamo il nome, e perciò ogni circostanza della vita, salvo l' anno citato del suo governo. 
XXV. Dodone
1037 — Ricordasi dal Mabillon ne' suoi Annali benedettini in occasione ch' esso Vescovo nel 1037 sottopose all' Abbate Vitale il monistero di Sangemine dedicato a s. Nicolò, e fondato presso e fuori delle sue mura sopra un colle volgarmente detto Ficonero. Del resto non sappiamo altro di lui. L' elenco vaticano lo nota con queste due parole latine Rapizzonius Dodo. Infatti appartenne alla nobilissima famiglia dei Rapizzoni Signori di vari nostri luoghi e castelli. 
XXVI. Martino II
1050 — Un diploma di Leone IX, spedito a favore delle monache di s. Grato in Bergamo, ci rammenta cotesto Vescovo, perchè ivi con tale qualifica sottoscritto. Veramente alcuni tengono per apocrifo siffatto diploma ; ma dice benissimo il Cappelletti, che, dato che sia falso, pure esso sempre vale per i nomi de' Vescovi ivi notati, i quali non si ponno inventare, volendo dar credito al falso documento. Del resto non sappiam nulla di Martino. 
XXVII. Adalberto
1059 — Adalberto (o Alberto) venne appresso Martino, e ciò rilevasi dalla sottoscrizione, che nell' anno suddetto fece nel Concilio romano a tempo di Alessandro II, e nel Concilio, presieduto dallo stesso Pontefice per la consecrazione del Vescovo di Fermo. 
XXVIII. Rodolfo
1090 — Per questo Vescovo l' elenco vaticano ci dà l' anno segnato, mentre tutti gli altri pongono il 1092. L' Ughelli dopo Adalberto pone Rodolfo, e a ragione, leggendosi nel Regesto Farfense : « Rodulphus Abbas s. Cuissiani Episcopus narniensis ». Della nostra abbazia di s. Cassiano presso Narni parlammo altra volta, e però mi cesso, perché dei fatti del presente Vescovo tace la storia.
XXIX. Agostino
1101 — Agostino appartenne alla gente de' Conti de' Marsi. Nell'anno notato già trovavasi possessore della cattedra narnese, che godette per molti anni, mentre nel 1125 abbiamo la sua firma nel diploma di donazione fatta al monistero di Montecassino. 
XXX. Anonimo 
1146 — Questo anonimo trovasi sottoscritto col solo titolo di Episcopus narniensis e non si sa chi sia. Alcuni vogliono riconoscervi il suddetto Agostino, o il seguente Pietro, e però l' anonimo non fu posto nella nostra serie, mentre gli spetta, non essendovi ragione di sostituirgli l' un dei due nominati. 
XXXI. Pietro
1157 — In quest'anno abbiamo Vescovo Pietro, il quale con altri dignitari ecclesiastici trovossi presente alla consecrazione del sotterraneo della cattedrale di Rieti. Il Muratori nelle antichità del medio evo rendeci [6] informati ch'esso Pietro ai 27 Agosto del  1158 fu testimonio all' istrumento di cessione del castello di Cordano fatta ad Adriano IV dal Baccaleone per via del notajo Egidio- Nel 1180 venne trasferito alla sede arcivescovile di Spoleto. E' qui da ricordare che il nostro Pietro rinnovò nella cattedrale la sua sedia episcopale di pietra, facendola guernire di nobile mosaico e della seguente iscrizione in due versi.     
                                                                                                      PETRVS PECCATOR PRESVL DE MVNERE XPI                                                                
                                                                                                      HANC FECI SEDEM SCI IVVENALIS AD EDEM
Fu essa, non so quando, spezzata, e i pezzi dispersi e sotterrati. Uno ne tornò in luce, anni sono, e lo comprai. Nel medesimo ancor leggesi : PETRVS PECC .... HANC FECI ... che sono il principio dei due versi. 

XXXII. Amato
1179 — Alcuni scrittori cambiano il nome di Amato in Armato, e l' Ughelli in loro vece ci dona Mazio ; ma i più vogliono Amato. Di Mazio in questo tempo non abbiamo documento che il confermi, di Amato senza dubbio, poi che 'l troviamo sottoscritto nel terzo Concilio ecumenico lateranense. Forse è costui il Vescovo narnese nominato con la sola lettera A in una iscrizione della cattedrale di Segni, che io già pubblicai nell' Album di Roma an. XXIII, pag. 340. 
XXXIII Bonifacio
1180 — In quest' anno abbiamo certamente a nostro Pastore Bonifacio, il quale nel 1196 assistette in Roma alla consecrazione della chiesa di s Lorenzo in Lucina. Innocenzo III Pontefice a lui dirige due lettere. Con una del 1198, spedita da Amelia, comandagli d' informarsi intorno alle controversie vertenti sopra l'Abbazia di Ferentillo; con l'altra del 1214 vengogli prescritte alcune prudenti regole per prati
care con gli scomunicati Nel resto la sua vita è ignota. 
XXXIV. Ugolino
1208 — Questo Vescovo, che alcuni storici non mettono punto nella nostra serie, realmente vi appartiene, e ce ne porge documento la Cancelleria decenvirale di Perugia nel libro delle Submìssionum, segnato con la lettera A, n. 20, foglio 49, anno 1208, con le seguenti parole < In nomine dni Amen A. D. MCCVIII. tmpoe . . ; Philippi et Oddonis. Mense Augusti. Ind. XI. Ego quidem Leonardus qm Filius Rainaldi tet. per me et prò meis fìliis olim Carbonis , filii et pro hoibus omnibus pronobis presente et consentiente dno Ugolino Epo Nagnense etc promittimus tibi Bono Notarlo et Civi Civitatis Perusine tanquam Priori ejus Civitatis super hoc negotio et facimus finem etc refutationem tibi et pro Consulibus et Cam.° ejusdem Civitatis de omnibus libris legum tam divinae quam humanae quos habuit in praedicta Civitate jam dictus filius meus Carbo, quos libros omnes etc recepimus, ideoque te etc. nomine praedictae Civitatis et absolvimus etc. ». In questo istromento non appare il luogo ove fu fatto ; ma in ultimo leggesi la sottoscrizione del notajo. Se mancasse questo documento, ne avremmo per prova anco la storia, la quale contaci che Ugolino fece venire in Narni a predicare s. Francesco suo amico, e che diegli anco il luogo da fondare un convento del su' Ordine con la chiesa continua. 
XXXV. Giovanni IV 
1220 — Ad Ugolino successe Giovanni quarto per elezione degli stessi canonici della cattedrale, forse loro concittadino e collega, ed il Papa Onorio II confermollo con lettera apostolica del 21 maggio 1220, spedita da Viterbo. 
XXXVI. Gregorio
1225 — Esso ebbe la dignità e la sede del defunto Giovanni, e la storia dichiaraci, che nel 1225 assistette con altri Vescovi e Abbati de' Benedettini alla consacrazione della cattedrale di Rieti. Così  come  sappiamo di  lui che nel 1232 Papa Gregorio IX diressegli  da Anagni un breve, col quale unì alla mensa narnese l' Abbazia benedettina di s. Vittore di Otricoli in luogo di altra tolta, cioè quella di s. Benedetto infundis presso Stroncone, concessa ai Cistercensi, che vivono sotto la regola del medesimo santo. 
XXXVII. Artigoni Antonio
1234 — Il solo elenco Vaticano ci ricorda nel detto anno questo vescovo a noi del tutto ignoto. 
XXXVIII. Giacomo Mansueti
1242? — Fu egli distinto cittadino di Perugia, nobile Cavaliere di Rodi ; ma la sua nobiltà venne superata dalla virtù e dalla scienza, per cui fu amato in vita, e desiderato e compianto dopo morte, la quale successe nel 1260, avendo governata la nostra diocesi per circa otto anni. 

XXXIX Orlando
1261 ? — Contro l' ordine tenuto dall' Ughelli nella successione de' nostri Vescovi, il Cappelletti con buone ragioni pone qui Orlando, dall' elenco vaticano cambiato in Rolando, ch' è lo stesso nome. Egli appartenne alla religione di s. Agostino, e appunto nel 1266 diede a' suoi confratelli, qualmente ci assicura il Torelli ne' secoli Agostiniani, la chiesa e il convento di s. Andrea della Valle della nostra città, ch' essi possedettero fino all'ultima soppressione. 
Nel 1278 trovossi presente e firmò, quale Commissario del Pontefice Nicolò III, l' atto della resa di Bologna ribelle, fatto e dato al Cardinale Orsini Legato. Nel 1288, secondo lo stesso storico Torelli, intervenne Orlando alla consacrazione della chiesa Amerina spettante al suo ordine, ed in questa occasione concesse al popolo alcune indulgenze in remissione de' peccati, e ne dice precisamente il nome in questo modo : Fr. Orlandus Episcopus Narniensis. Per quanto si potè rilevare dagli atti pubblci, visse fino al 1303 con danno della mensa vescovile che male amministrò e ridusse al verde, per cui fu duopo metterle un amministratore per farla rifiorire, e a quest' officio si scelse un certo Alberto canonico di s. Pietro in Spoleto. 
XL. Pietro
Nell'elenco vaticano sotto l'anno 1304 abbiamo altro vescovo d' ignoto nome, poiché non ci dà di questo che le sole iniziali P. M. Ma io suppongo che sia quel medesimo, ch' esso col nome di Pietro nota nell'anno 1305, e forse quel P. M. potrebbe interpretarsi Petrus Magister. In fatti fu sommamente dotto nell' ecclesiastiche discipline, e, come religioso domenicano, ne avrà istruiti gli altri suoi confratelli. Nel 13IO fu egli sospeso, non so per qual ragione, ed in sua vece eletto amministratore il medesimo Alberto già sopra nominato. Tornò quindi al suo officio, poiché sappiamo che nel 1316 donò le indulgenze alla chiesa di s. Maria e Vittoria di Piacenza, come pure nel 1322 a quella di s. Giacomo a Rapolano, posta nella campagna di Spello. Venne quindi chiamato nell' anno stesso dal Pontefice in Avignone con altri Vescovi e Cardinali, perché dèsse il suo voto nella disputa ivi tenuta sui beni temporali, sulla povertà di Cristo e de' suoi discepoli. Di questa disputa, e dei voti per essa dati si compose un libro che manuscritto si possedeva dal celebre Cardinal Bessarione, il quale donollo alla Marciana di Venezia, ove al presente si custodisce.  Nel  medesimo  egli  sotto  scrissesi a questo modo : < Frater Petrus Dei et Apostolicae Sedis gratia Episcopus Narniensis licei indignus ». 
XLI. Amanzio, o Amatore
1323 — Con questi diversi nomi vien egli riportato negli antichi elenchi. Il Wandich, negli annali de' Minori Osservanti di s. Francesco, [7] ci fa conoscere, che fu Vicario dell'Arcivescovo di Napoli, che a suo nome fecesi l' atto di rinunzia alla giurisdizione sulle monache di santa Maria Maddalena di quella città, e che morì nel 1337. 
XLII. Lino 
1337 — Ottenne il nostro Vescovato Lino; ma ebbe curta vita dipartendosi dal mondo nel 1342. 
XLIII. Anonimo
1342 — Il Cappelletti colloca sotto questo anno l' anonimo frate domenicano di Firenze, che l' Ughelli ebbe malamente segnato nel suo elenco 83 anni addietro, cioè nel 1261. Che il detto ignoto domenicano vivesse nel 1242 nella sede episcopale narnese, ce lo attesta Michele Pio nell'opera « de viris illustribus » nella parte seconda del libro secondo. 
XLIV. Tinacci Agostino
1343 — Ad un frate domenicano successe altro agostiniano, che dal capo della propria religione tolse nome ed appartenne alla gente Tinacci, o Finacci, come altri vuole. Di esso fanno menzione il Torelli nell'opera citata, e gli annali camaldolesi. Il primo dichiaraci, che esso professò la regola nel convento di monte s. Savino ; predicò in seguito a Siena e a Firenze la crociata, secondo lo storico Matteo Villani, che l' Ughelli erroneamente scambiò con Giovanni. Del corso di sua vita altro non si conosce ; ma, rispetto alla morte, accadde forse nel 1367, perchè in questo anno fugli dato il successore. 
XLV. Guglielmo
1367 — Un terzo frate, ma francescano, occupò la cattedra episcopale narnese. Di lui è oscura la stirpe, non già la virtù e l' ingegno, che ampiamente e mirabilmente ebbe coltivato. Si accattivò pertanto la stima e l'amore di Urbano V, che adoprollo in vari ecclesiastici negozi ; ma specialmente nello sbarbicare la mala pianta degli eretici fraticelli fortemente radicata nell' Italia, e in altri luoghi fuor di lei. Pochi anni si godette l'alta dignità, mentre nel 1371 non era più in vita. 
XLVI. Berlini Luca
1371 — Appresso Guglielmo ci venne dato questo stimabilissimo soggetto, in cui largamente splenderono ottimi costumi, e dottrina e sapienza. Coteste sue stimabili qualità procurarongli vari onorevoli carichi, fra i quali notasi l' ufficio di Delegato apostolico nelle città del patrimonio di s. Pietro, allorquando il Papa stanziava in Avignone. Rivestito di questa carica, e costretto, per alcuni affari del su' officio, andare a  Firenze,  i Fiorentini, in odio del suo padrone,  lo maltrattarono, legarono e misero in prigione, ov' ebbe sofferte assai pene. Papa Gregorio XI, sdegnato per questa rea soperchieria, spedì loro nel 1376 una lettera in forma brevis scomunicandoli. Uscito di prigione, venne nel 1377 trasferito alla sede episcopale di Siena, sua patria ; e cosi nella Toscana, ov' ebbe prima la persecuzione e il martirio, riportò poi il trionfo e la pace. 
XLV. Jacopo II
1377 — Cotesto Jacopo, religioso minorita di s Francesco, è dato dal Wandich alla gente Zosimi, quantunque i più lo dichiarino de' Tolomei di Siena, la qual città, a questo modo, vuolle restituire alla nostra sede un uomo dotto, qualmente noi lo demmo alla sua. Essendo nostro Vescovo, andò pure Nunzio apostolico all' estero, ed eletto in seguito Raccoglitore generale delle decime, che la Camera apostolica riscotea nella toscana, nel ducato di Spoleto e nel patrimonio di s. Pietro. Dopo sei anni passò alla sede episcopale di Chiusi, e quindi a reggere la diocesi di Grosseto, deponendovi la sua salma nel 1390. 
XLVI. Bellanti Francesco
1386 — Un terzo senese fu sostituito al Tolomei nella persona del Bellanti, ch' ebbe similmente il trasferimento in Grosseto. Fu Collettore pur egli delle decime triennali nel Patrimonio di s. Pietro, ed ebbe anco la carica di Castellano della nostra rocca con la città in feudo, come assicura il Moroni nel suo dizionario di notizie ecclesiastiche. Egli nel 1396 riconciliò con la chiesa molti ribelli di Narni e di altre città dell' Umbria, a cui il Pontefice diede perdono. 
XLVII. Jacopo III
1407 — Religioso domenicano occupò la sede episcopale di Jesi, e da questa venne alla nostra trasferito. Quivi diedesi a scrivere la storia della Cattedrale, ed il ms. dovrebbe stare nella biblioteca vaticana; quantunque, da me richiesto, non siasi ritrovato. Di ciò siamo informati dal p. Oldoino a pag. 158 dell' Atheneum Augusteum, e ne fa ricordo anco l' Arcivescovo di Firenze s. Antonino nella sua cronica.  Brevissimo tempo visse in Narni, mentre nel 1408 vennegli dato il successore. 
XLVIII. Malavolti Angelo 
1408 — Angelo vero di costumi, e al sommo dotto sapiente, seppe ben governare la nostra diocesi ed insinuarsi nel cuore di tutti. Visse tra noi per circa tre anni, poiché nel 1412 non si fa più ricordo di lui. 
XLIX. Donadeus
1414 — Donadeus, vale quanto l'italiano Diodato. Fu nostro concittadino e nostro vanto, perché di animo buono, d' indole mansueta, e tutto zelo e carità nel suo alto ministero. Dottore nel diritto civile e canonico, il suo  voto  ebbe  molto  valore nel  Concilio  di  Costanza,  al quale assistette negli anni 1414 -15.  Ma l' amanuense degli atti del medesimo segnò equivocamente il nome della nostra città, per cui alcuno lesse e copiò Naumensis invece di Narniensis.  S' ignora di quale stirpe e condizione fosse. 
L. Bonriposi Jacopo
1418. (31 genn. ) — Si scambia da qualche storico il cognome Bonriposi con gli altri di Bontempi o Mansueti, come afferma Brusoni. Fu nativo di Perugia, e meritossi, per la molta dottrina e specchiata condotta, di essere eletto al governo della diocesi di Jesi, donde passò alla nostra. Rinvenutosi il corpo di s. Florido, egli diedesi a scriverne la vita, e descrivere l' invenzione e traslazione delle sue ossa e ceneri in altro luogo. Ma di questa opera non rimane che un breve ricordo in quella già citata dell' Oldoino. Fece pur esso parte del Concilio di Costanza, ove leggesi la firma. L' ultimo anno della sua vita sembra essere stato il 1455, perché in questo appunto ebbe il successore. 
LI. Lello 
1455. — Troverete questo Vescovo con tre nomi, cioè Lelio, Lello e Lielio. Questi ultimi due sono notati nell' elenco Vaticano, ed io ne ho intestato uno, perché credo esso elenco autorevole, avendo sempre in appoggio qualche documento. Prima di essere nostro Vescovo, possedette il canonicato in Roma de' santi Cosma e Damiano. Della sua vita ignoro ogni fatto. 
LII. Eroli Costantino 
1462. — Nepote dell' allora vivente Cardinale Eroli [8] Berardo, nacque in Narni, ma fece suoi studi a Roma. Prima di ottenere la nostra cattedra episcopale, fu Rettore della Contea Venossina in Francia, succedendo in quest' officio al celebre Angelo Gerardini di Amelia, [9] e governò, come Luogotenente generale del Cardinal Legato Foix, la provincia di Avignone. [10] Pio II, Pontefice di somma dottrina, ne aveva tutta la stima e l' amore ; nè meno di lui Sisto IV, il quale nel 1472 lo fece trasferire dal nostro Vescovato a quello di Todi, e poi in Tivoli, della cui sede si vuole che non prendesse possesso, perchè lo zio Cardinale l' ottenne per suo successore a Spoleto.  Tanto, e non più, si sa di lui. Solo noterò per ultimo, che, anni sono, capitò in  mano del  libraio di Roma Spitòvver un manoscritto in pergamena di soggetto sacro, a Costantino dedicato, ed a lui appartenuto, tutto stupendamente miniato, del valore di circa lire 3000. Me l' offerse in vendita, ma io le rifiutai pel caro prezzo.  
LIII. Buccardi Carlo
1470 — Trasferito Costantino a Todi, vennegli dato in cambio il Buccardi nell' anno stesso. Narni lo vanta per proprio cittadino, e, quale valente giureconsulto, e pel candore del suo animo, come dichiara l' iscrizione sepolcrale, fu veramente degno salire la nostra cattedra episcopale. Nello spazio di ventisette anni, che governò, fece molto bene, e, morendo nel 1498, nominò erede di tutto il suo avere lo stesso Capitolo della cattedrale. Costui, riconoscente al sommo beneficio ricevuto, levògli un bel monumento di pietra arenaria e marmo, che fu indegnamente e barbaramente guastato, come raccontai, dagli stessi canonici successori. 
LIV. Gormaz Pietro
1498 — Gormaz, e non Gusman, come scrisse il Cappelletti [11] con altri, fu il vero cognome di Pietro datoci dall' iscrizione sepolcrale. Il Gormaz sostituì il Buccardi per favore di Alessandro VI pontefice. Fu scrittore apostolico, abbreviatore, e collettore delle bolle pontificie. Nel 1506 egli eresse un grazioso fonte battesimale nella cattedrale, e così pure a sè stesso un nobilissimo monumento sepolcrale, ed a Maria Vergine della Consolazione una cappella mirabilmente architettata ed ornata, dov' egli pose il detto sepolcro. Ma questa cappella venne in più parti stoltamente guastata dai signori canonici per ripararsi dal freddo invernale e cantarvi salmi, per cui è ora detto il coretto d' inverno. Ma le belle Arti dovettero dolersi e dichiarare, che il freddo aveva troppo penetrato nell' animo e nella mente dei canonici di allora da non più sentire amore per esse, né conoscere il danno che recavano a un loro bel monumento. Governò il Gormaz la nostra diocesi per anni 16, mesi 9, giorni 17, e morì nell'aprile del 1515, lasciando la mensa in povertà per la sua smania ambiziosa di erigere monumenti, laonde fu necessità mettere alla medesima un abile amministratore nell' illustre personaggio che siegue. 
LV. Soderini Francesco
1515 — Costui tenne, per due anni circa, l'amministrazione della nostra mensa vescovile ; non fu nostro Vescovo, come alcuno pretende, mentr' egli lo era di altro luogo e con dignità cardinalizia che a Narni non compete. In fatti nel Concilio lateranense, tenuto nel 1512, e durato circa un quinquennio, non si sottoscrisse mai quale Vescovo di Narni, si bene di altro luogo. Rimessa in piedi la mensa consegnolla al nuovo eletto e se ne partì. 
LVI. Martelli Ugolino
1517 ( 18 Maggio ) — Nel lasciare il Cardinal Soderini la mensa narnese, vuolle favorire uno della sua patria Firenze, per ciò propose al Papa il Martelli, a lui ben noto, e da lui ammirato per le molte buone qualità dell' animo e dell' ingegno. Eletto Vescovo, governò la diocesi narnese con tutto l' amore, il senno e la prudenza immaginabile ; ma nell' anno 1522 o 23 volò in cielo a goder la pace dei giusti. 
LVII. Soderini Carlo o Nicolò
1523 — Cotesto Soderini, nepote del sopraddetto Cardinale, è dagli elenchi comunemente appellato Carlo ; ma quello vaticano il nomina Nicolò [12]. Se Carlo, come si asserisce dagli storici, tenne per pochi mesi il nostro vescovato, essendo stato trasferito in altro di Francia, allora si sarebbe potuto supporre che a Carlo succedesse Nicolò ; ma al contrario nel 1524 troviamo la nostra mensa sotto l'amministrazione del Cardinal Paolo Cesi, cittadino narnese.   Dunque che cosa devesi concludere ? O che qualcuno abbia sbagliato il nome, o che l' uno sia in brevissimo tempo succeduto all' altro. Non avendo documenti in mano da chiarire il dubbio, porrò in lista anco Nicolò. 
LVIII. Soderini Nicolò
1523 (4 Mar.) — Pongo in questo luogo anco Nicolò Soderini per autorità, come dissi, del manoscritto vaticano, al quale dono molto credito, e col tempo chi verrà presso me, e avrà fortuna trovare all' uopo qualche documento, correggerà lo sbaglio. 
LIX. Cesi Paolo.
1524 — Altro amministratore della nostra mensa vescovile fu il concittadino Paolo Cesi Cardinale ; ma per pochi mesi, perchè ottenne dal Papa fare elegger Vescovo il suo stretto parente nell' anno suddetto. 
LX. Cesi Bartolomeo
1524 (giugno) — Dodici anni e più stette a governo della diocesi narnese e procacciossi l' amore altrui pel suo molto sapere, bene operare e gentilezza di modi. Tutti piansero la sua morte avvenuta ne 1537. 
LXI. Sforza Alessandro
1537 — Ecco un altro Cardinale novamente a prendersi cura della nostra mensa vescovile ed amministrarla. Ma qui pure l' elenco vaticano discorda con gli altri, dandoci per amministratore nel suddetto anno, invece dello Sforza, il Cardinal Guido Ascanio di s. Flora. Lascio di trattar la questione, perché non ho modo di dar ragione piuttosto all' uno che all'altro. 
LXII. Montoro Rinaldo Giovanni
1538 — Agli 11 Febbraio dell'anno notato si elesse a Pastore il nostro concittadino Rinaldo, che ben si condusse nel suo governo, e lasciò molto desiderio di sè, quando la sua bell' anima, svincolatasi dal corpo, volò in cielo a godere la vista di quel Dio che aveva in terra amato e venerato. 
LXIII, Cesi Pierdonato
1546 — Pierdonato Cesi tolse la dignità vescovile di Narni vacante per morte del Montoro, e si fe'  conoscere per amoroso benefico Pastore, svegliato ingegno, e negli affari ecclesiastici e civili, commessigli dal Pontefice, superò ed appianò con lode molte difficoltà. La Romagna, dove governò vario tempo, n' è testimonio, e a ricordanza dei vantaggi resi a Bologna, questa in più luoghi scolpì il suo nome, specialmente nell' Università. Desideroso di riposarsi, ottenne un suo nepote a successore, e poi nel 1570 ai 7 maggio venne levato da Pio V all' onore della porpora col titolo di s. Agnese. Fu da tutti amato, ed i poeti con feconda vena cantarono e celebrarono le sue gesta ed il suo nome. 
LXIV. Cesi Domenico
1555 — Il solo Waddinch, nell'opera da me citata, ci dà per vescovo Domenico Cesi, mentre gli altri fanno successore a Pierdonato. 

LXV. Cesi Romolo
1566 — Questo novello eletto, benché nato da illustre, onoratissima stirpe, non fece molto onore nè a questa, nè a sè stesso, avendo dato nella sua condotta molto cattivo esempio. Anzi si vuole da alcuno che fosse costretto rinunziare all' ottenuto vescovato qualche anno prima della sua morte, e in fatti fugli dato nel 1578 a successore un suo parente e concittadino, mentr' egli visse fino al 1607. Ciò non ostante conservò per grazia la dignità episcopale e ritirossi nell'Abbazia, da lui posseduta, di s. Angelo in Massa, nella cui chiesa eresse una cappella a onore di Cristo e Maria Vergine, ed anco il sepolcro per sè stesso, come attestano le seguenti tre iscrizioni, che ivi ancor oggi si leggono : 
I. 
DEO. OPT. MAX. 

CHRISTO NATO
BEATAEQ. MARIAE
DEIPARAE. VIRGINI 
SACELLVM. HOC 
EX. VOTO. DICAVIT 
ROMVLVS. CESIVS 
EPISC. NARNIEN, 
AN. DOM. CIdId. XCVI 
AETATIS. SUAE. LXIII 
II. 
D. O. M. 
SAEPIVS. VT. MORTEM 
POSSIT. MEMINISSE 
SEPVLCHRVM 
IPSE. SIBI. VIVENS 
CONDIDIT. ANTE 
DIEM 
ROMVLVS. CESIVS 
EPISC. NARNIEN. 
AN. DOM. Cl3. Io. XCVI
AETATIS. SVAE. LXIII

 III.
HIC JACET ILL.MVS ET RE.MVS D. D.
ROMVLVS CAESIVS EP. NAR.
Obiit die 15 Maji an. 1607 

LXVI. Eroli Erolo
1578 — Ai 15 giugno di quest'anno fu eletto alla nostra sede episcopale, che resse con sano giudizio e tutta la premura possibile. Ma fu distratto dal sacro officio pel carico avuto di Vicelegato di Bologna e delle Romagne in mancanza del Cardinal Legato Pierdonato Cesi, suo stretto parente, e del Cardinale Anton Maria Gallo. In questo governo procacciossi stima, onori, lodi, ed era per salire in più alto grado, se la morte non l' avesse rapito nel più bello della sua carriera, e nell' acerba età di anni 54, mesi IO e giorni 22, correndo l'ottobre del 1600. Io già notai nella descrizione della cattedrale il monumento a lui ivi eretto dalla pietà dei parenti, ed in esso vengono notati i suoi offici e i suoi pregi. A Narni racconciò il palazzo vescovile, e con nuovo ordine restrinse le parrocchie
LXVII. Tusco Giambattista
1601 — Cittadino di Reggio nell'Emilia, e creato Vescovo di Narni ai 28 Maggio dell'anno notato. Col cognome Tusco vien Giambattista appellato in tutti gli elenchi editi ed inediti, e questo cognome fece egli stesso scolpire in sugli architravi delle finestre del palazzo vescovile da lui restaurato. Ma veramente il suo cognome paterno fu Bonetti, e Tusco o Tosco quello della madre Maria sorella carnale del celebre Cardinale Domenico Tusco. Forse Giambattista ritenne, per onorarlo, il cognome dello zio, e anco per rimeritarlo in qualche modo dei tanti benefici da lui ottenuti, mentre per suo mezzo fu levato di povertà, per suo mezzo educato, istruito, e per suo mezzo posto tra' Vescovi. Citerò, a conferma de' miei detti, una particola della vita del nominato Cardinale, dettata da sè medesimo, e che io posseggo manoscritta, non sapendo, se sia originale o copia. La particola è in questi termini : « M. Gio. Battista Bonetti, pur mio nepote, figliuolo di Madonna Maria mia sorella il qual ho mantenuto molti anni in Santo Geminiano a dozzina a scuola, et finalm.te ottenuto un buco per lui nel Collegio di Montalto in Bologna, si è addottorato. Hora Vescovo di Narni. » Cinque anni lo avemmo per Pastore intelligente e studioso, essendo stato quindi trasferito, come Vescovo, in Tivoli. 
LXVIII. Berosi Giovanni
1606. (31 luglio) — Nepote e concittadino dello stesso Bonetti venne dato Pastore al nostro sacro ovile nell' anno e nel mese notato, quantunque non manchi storico che anticipi di un mese la sua elezione e che lo faccia amministratore soltanto della nostra mensa. Mancò di vita nel 1632. 
LXIX. Azzolini Lorenzo
1632 — Ebbe per patria Fermo, e per prima sede episcopale Ripatransone, dalla quale passò alla nostra ; ma pochi mesi la tenne, essendo morto nell' anno stesso.
LXX. Bucciarelli Giampaolo
1633 — Nativo di Arquata venne nominato nostro Vescovo, secondo la bolla, che ho presso di me, nel marzo del 1633, e non più tardi un anno, come affermarono il Cappelletti e altri con lui. La molta sapienza e dottrina, la grande abilità nel trattare gli affari gli procurarono stima ed ammirazione. Come canonico della Cattedrale di Milano, allorché vacò la sede vescovile, per morte del Cardinale san Carlo Borromeo, egli ebbe la nomina di Vicario capitolare, e con tal carica lo tolse pure il successore e nepote di s. Carlo Federico Borromeo. Sotto il costui ecclesiastico reggime essendo nata questione coi ministri spagnoli, che allora governavano, a nome di Filippo IV, detta città, l'Arcivescovo pensò bene di far risolvere la questione direttamente dal re stesso, e per ciò spedì in Ispagna, con secrete istruzioni, il Bucciarelli, che ben condusse le trattative, e lieto e trionfante tornò presso il suo Signore ; ma prima passò per Roma, affine di rendere informato il Pontefice Urbano VIII dell' esito dell'affare. Urbano benignamente lo accolse, e, a rimeritarlo dell' officio [13] bene adempiuto, gli diede la sede vescovile narnese. Qui recò molti vantaggi saviamente e accortamente governando. Da tempo si desiderava conoscere, ove fosse stato deposto il corpo del nostro primo Vescovo e Protettore s. Giovenale. Ma a niuno era mai riuscito scoprirlo. Questo merito e vanto toccò al Bucciarelli, il quale, come per divina ispirazione, fece fare, senza alcun dubbio, uno scavo dentro l' Oratorio di s. Cassio nella parete di faccia al destro lato dell' altare ; e qui appunto apparve la cassa di pietra contenente le ossa e le ceneri di esso santo, che furon trasportate, come già scrissi, nella presente Confessione, e dedicatagli la cappella che sta sotto a questa, e dove il Bucciarelli rifece più nobilmente l' altare, e vuolle seppellita la sua salma, sopra la quale, per segno, è posta una lastra marmorea incisa con queste parole : 
D. O. M.
IO. PAVLO BVCCIARELLO
SS. MAVRITII ET LAZARI IN REGNO NEAP.
ABBATI COMMENDATARIO MERITISS.
METROPOLIT. MEDIOLANEN. DECANO
AC FEDERICI CARDINALIS BORROMEI
ARCHIEP. AMPLISS. DEINDE CAPITVIT
VICARIO G.NALI INDEFESSO
IMMVNIT. ECCLICAE DIFENSORI ACERRIMO
PRO FA
VRBANO VIII. P. O. M. SEDENTE
AD PHILIP. IV HISPAN. REGEM
LEGATIONE GLORIOSE PERFVNCTO
AB EODEM
EPISCOPO NARNIENSI ADLECTO
LATENTIS EO VSQ. IN HAC CATHED.
S. CORPORIS S. JVVENALIS
REPERITORI FORTVNATISSIMO
: QVI VIVENS
SEPVLCRVM HIC SIBI PARAVIT
VIX. AN. LXII. M.X.D.II. IN EPIS. XXI.M.X.D.III
OBIIT NON KAL.               MARTII MDCLVl


 

LXXI. Castelli Raimondo
1656 — Nobile di origine ternana prese a guidare, dopo la morte del Bucciarelli, il gregge narnese affidatogli per la retta via della salute spirituale, addimostrandosi amoroso, sollecito ed esperto Pastore, ed amministratore de' beni della chiesa. Fra i vari benefici recati alla città sono da contare la fondazione di una tipografia nel palazzo vescovile, ch' ebbe restaurato, e l' apertura di un seminario diocesano, fatta gli 11 di aprile del 1660, e che venne con brillante festa solennizzata. Ordinò inoltre un Sinodo diocesano nel 1665, pubblicato dalla stessa tipografia. Restaurò il palazzo vescovile, come rilevasi dal suo nome e cognome incisi in sull' architrave delle  finestre; ma della sala vuolle lasciare un ricordo particolare con questa iscrizione ivi sul muro infissa: 
D. O. M.
COM : RAYMVNDVS. CASTELLVS
EPISCOPVS. NARNIENSIS
AVLAM. HANC. RVDI. VETVSTATE
lAM. COLLABENTEM
IN. HANC. FORMAM
VENVSTIOREM. REDEGIT
AN. D. M. DC. LXV 


E molta venustà e nobiltà infatti ammirasi nel gran cammino ivi posto. Fondò una società di cento sacerdoti per suffragare le anime dei defunti con la piena approvazione di Alessandro VII Pontefice. Passò a godersi in cielo il premio de' giusti ai 17 luglio del 1670. L' amor di patria e della sua stirpe vinse quello della sua sede e del suo gregge, perchè ordinò che la propria salma venisse in Terni trasportata e sepolta nella chiesa di s. Francesco, dentro la cappella gentilizia. 
LXXII. Avi Ottavio
1670 ( I settembre) — Di nobile stirpe camerte occupò il luogo del Castelli, e governò con l' istesso vanto di costui. La cronica narnese ci fa conoscere, ch'egli eresse per la via vecchia flaminia la Compagnia delle Stimate di s. Francesco nella casa, lasciata per questo oggetto dal nobile proprietario Poli, la quale chiesetta fu, non ha molto, sospesa, e comprata e ridotta a magazzino dal mastro muratore Vincenzo Santacroce. La cronica di Otricoli ci dichiara, ch'egli nel 1672 assistette nella Collegiata all'apertura di una cappella, ove furon riposti alcuni corpi di martiri, fra i quali quello di s. Fulgenzio, Protettore del luogo [14]. Non si sa dove e quando morisse. 
LXXIII. Barlocci Giuseppe Felice
1683 (24 maggio ) — Sotto quest'anno e mese il Barlocci ci è dato Vescovo dall' elenco vaticano, mentre gli altri anticipano un anno, o ne posticipano due. A lui non piacque il soggiorno, perchè l' aria, troppo fina, dava assai molestia al suo corpo non sano. Per ciò fece rinunzia nel 1689 della nostra sede episcopale, prendendo stanza a Roma, e da un documento, che io riportai nella storia del Pantheon di Agrippa (pag. 234), sappiamo, ch' egli ancor vivea in essa capitale nel 1704. 
LXXIV. Picarelli Francesco
1690 (29 maggio ) — Nella diocesi di Camerino esiste un paesello, detto Sarnano, nel quale il Picarelli nacque di nobile stirpe con nobile animo e nobilissimo ingegno, per cui approfittò molto negli studi specialmente teologici e legali, in cui ottenne la laurea dottorale; perciò fu molt' onorato e stimato nella corte pontificia, essendo egli pur capace di bene sbrigare gli affari della diplomazia. Meritò pertanto essere innalzato a più alta dignità, e al Pontefice parve conveniente farlo consacrare Vescovo della nostra città, la quale lo accolse con allegrezza e pompa solenne. Si condusse sempre da savio governante, e procurò fare alla diocesi tutto il bene possibile. Le croniche narnesi ricordano questo fatto di lui. Pochi metri distante dalla Rocca fu scoperto un pezzo di muro, nel quale era bellamente dipinto a guazzo un Presepio. Tutta la popolazione accorse a venerarlo, e Monsignor Picarelli, servendosi di questo religioso fervore, ottenne molte elemosine per innalzare ivi un tempietto, perché si potesse venerar quell' immagine al coperto. In fatti il tempietto fu costrutto e frequentato per qualche tempo; ma poi non più curato, anzi abbandonato del tutto, per cui, anni sono, interamente ruinò  [15]. Nel dicembre del 1708 Monsignore partissi dal mondo per andare a goder la vista di Dio e di Colei, a cui fece sempre preghiere e voti. Si vuole che la morte non fosse naturale ; ma procurata per veleno datogli da feroce occulto nemico. 
LXXV. Guicciardi Francesco Saverio
1709 ( 15 aprile) — Al Picarelli sostituissi in quest' anno il Guicciardi, ch' ebbe nobile prosapia stabilita nella Valtellina, distretto di Como. Dottore nelle discipline teologiche e legali esercitò per 14 anni l' officio di Auditore pel Cardinal Leandro Collorodi in tutto il tempo della costui vita. Fu eziandio canonico titolare della chiesa Curiense, e della Collegiata romana di S. Maria in Trastevere. A Cesena, dopo che venne quivi trasferito dalla nostra sede nel 1716 o 17, diede in luce i Decreti IstruzioniÌ ed Esortazioni per li Parrochi Confessori e Predicatori della Città e Diocesi di Cesena. — In Cesena per Aldobrando Faberi 1722. 
LXXVI. Oldo Gioacchino Maria
1717 — Religioso carmelitano e Parroco in santa Maria della Trasportina, come pure Provinciale dell' Ordine nella provincia di Sassonia. Dotto, esperto nel trattar gli affari, e, come dichiara la bolla di spedizione pel nostro Vescovato, prudente, dignitoso e di costumi illibati, procacciossi l' altrui stima e benevolenza. Ci procurò la sua elezione il celebre e benefico nostro concittadino Cardinal Giuseppe Sacripante nel novembre del 1717, e noi da questo Pastore ritraemmo molto bene. A Calvi e Stroncone, luoghi della nostra diocesi, fondò il monastero, tanto benemerito, delle Orsoline, come ci attesta il Terzago nella Relazione delle Orsoline di Roma Calvi Stroncone e Benevento, pubblicata in Roma nel .1802. Egli fu traslocato nel 1724 alla Cattedra episcopale di Velletri, come Suffraganeo, due anni dopo datagli quella di Terracina. Fu natio di Cremona. 
LXXVII. Terzago Nicolò
1724 — Romano di nascita fece i suoi studi nella capitale, e da questi cavò molto frutto e celebrità, dandosi tutto alla chiesa. I Pontefici lo presero ad amare, e per ciò conferirongli molti onorevoli carichi, fra i quali l'officio episcopale nelle parti infedeli di Samaria, poi suffraganeo in Velletri, e in ultimo, correndo il gennaio del 1724, Vescovo assoluto in Narni. Un' epigrafe in marmo, posta sul muro del presbiterio della Cattedrale, rammenta, ch' ei consacrò la medesima, in parte rinnovata ed abbellita, il 30 ottobre del 1728. Diede a stampa varie opere di materia ecclesiastica, che acquistarongli molto merito. Lasciò in grande lutto e sconforto i narnesi, quando nell' agosto del 1761, in età di anni 82, abbandonò questa terra pel cielo. Viene ricordata la sua morte da una iscrizione, che leggesi pur oggi per terra nella navata di mezzo della detta chiesa : 
D. O. M.
NICOLAVS. TERZAGO
ROMANVS
EPISC. NARN. PONT: SOL. ASSISTEN.
OBIIT
III KAL. SEPT. MDCCLXI
AET. LXXXII EPATVS. XXXVII
.HIC
SEPVLCHR. SIBI PAR.
CAPIT. CAN. MOER. PP
CREDO VIDERE BONA DOMINI
INTERRA VIVENTIVM 

Nell' amministrazione delle due diocesi meritossi gli encomi del Pontefice e di tutti i cittadini. 
LXXVIII. Meloni Prospero Celestino
1761 — Natio della Pieve nel bolognese fu nobile di Spoleto, secondo che scrivesi nella bolla pontificia per la sua elezione, dottore dell' una e l' altra legge, canonico della Cattedrale della seconda nominata città, Vicario generale del suo Vescovo, e poi Arcidiacono della medesima chiesa, di monda coscienza, di onesti costumi, circospetto, prudente e per ciò degno di ogni stima e onoranza. Cotesto dotto e virtuoso Prelato venne alla nostra Cattedra vescovile inviato il 25 novembre dell' anno superiormente segnato. Ma incontrossi in giorni assai tempestosi stante la rivoluzione di Francia, e dell' occupazione ch' essa fece dello Stato pontificio con esilio da Roma nel 1782 del sommo Pontefice Pio sesto. Questi nel suo viaggio fermossi tra noi, visitò la Cattedrale, ed ebbe ospizio nel palazzo vescovile che per suo ordine venne risarcito. Di questa dimora fra noi abbiamo ricordanza in una lapida, ch' esso Meloni e il Capitolo fecero affiggere in sul muro dell' atrio della detta Cattedrale. Altra lapida marmorea ci ricorda, che Mons. Meloni consecrò la chiesa del monistero di s. Bernardo, risarcito nel 1735 a spese del marchese Filippo Sacripante di Narni, avvocato concistoriale ; e detta lapida é murata presso la porta. Nel 1775 consecrò pure in Collescipoli la Collegiata di s. Nicolò, e parimenti ne abbiamo in essa memoria. Della sua vita non saprei dir altro, e dee supporsi morto nell' anno istesso che fugli dato il successore. [16]
LXXIX. David Antonio
1796 — La sua gente fu originaria di Friburgo, città dell' Alsazia, ed ebbe due nobiltà la natia e la romana, perchè un ramo della medesima piantossi in Roma. Da questo nacque il nostro Monsignore, e, come uomo di svegliato ingegno e di buona volontà per istruirsi, percorse la carriera degli studi rapidamente e con molto profitto, essendo stato fatto dottore in filosofia, in legge e teologia, avendo per tempo vestito l' abito ecclesiastico. Venne pertanto ascritto all'Accademia
teologica di detta città, e a quella dell'ecclesiastica Immunità. Per dieci anni esercitò pure l'offìcio di Secreto di Rota, e quivi eziandio la parte di Giudice. E, siccome il suo desiderio per la concordia lo stimolava a troncar le liti e rimettere le parti in pace, per ciò procacciossi l' onorevole titolo di David de concordiis.  Col titolo di Vicario generale sbrigò gli affari della curia ecclesiastica, di Fermo, dalla quale passò Vescovo a Narni. Egli pure, come il suo antecessore, governò la diocesi in tempi assai tristi, ma nella tempesta civile naufragò. Perchè, quando fu catturato Pio VII con tutti gli altri ecclesiastici, che non vollero giurare fedeltà alla repubblica, egli non fu di questo bel numero, e diedesi tutto anima e corpo alla repubblica, cercando di far proseliti alla medesima con gli scritti e la predicazione, per modo che acquistossi la benevolenza di ogni repubblicano, e sì lo decantarono, che i pubblici fogli ne ripeterono gli elogi, fra i quali cito Il Banditore della Verità del 7 pratile 1798. e potrei anco citare alcune lettere, che posseggo di Monsignore, con tutte massime repubblicane. Per questo fu in disgrazia della s. Sede, e quando ritornò Pio VII dall' esilio, e rientrò in possesso dello Stato toltogli, ebbe Monsignore, a gastigo, l' espulsione dalla propria sede e Roma per carcere. Ma i Narnesi, che caldamente lo amavano, stante la sua bontà di cuore, gentilezza di animo e profonda scienza delle leggi, fecero remurose istanze al Pontefice per riaverlo tra loro, addimostrando che fu ingannato, e che cedette per debolezza, non già per malizia ed amore vero ad un governo usurpatore e immorale. Il benignissimo Pontefice graziò il colpevole, restituendolo alla nostra città, che lo accolse con gioia e pubbliche affettuose dimostrazioni, le quali calmarono a lui le pene e le angoscie sofferte ; ma non godette a lungo di questa calma, perchè il 14 giugno del 1818, in età di circa 73 anni, mori a Stroncone [16] di un colpo in tempo della sacra visita.


LXXX. Borghi Antonio Maria
1818 — Ebbe i natali a Loreto, come pure la prima sua istruzione nelle lingue antiche e nelle belle lettere, per le quali imparò a scrivere con bel garbo. Ma vuolle dare più sostanza al suo intelletto, studiando filosofia, e, come ecclesiatico, anco la teologia con le discipline legali, nelle quali tre facoltà ottenne la laurea dottorale. Cosi guadagnossi, per concorso, la dignità di Arcidiacono della chiesa cattedrale della sua patria e l' officio di Vicario generale del celebre Monsignor Pauli, e del suo successore Bellini. Sotto il costui reggimento venne, non si sa come, imbolata la sacra effigie della Madonna del luogo, e portata altrove. Immaginate le pene e le angustie di tutti i loretani e specialmente del Vicario. Si misero spie e perlustratori per iscoprire le persone che commisero il sacrilego furto, e il luogo ove fosse nascosto ; ma all' improvviso giunse la consolante notizia che la statua era in mano del Papa per secreta consegna. Affine di ricondurla fu destinato il Borghi, e però chiamato a Roma. Oh quanta contentezza ebbe provata per questo straordinario religioso incarico ! Corse veloce,  e, come in trionfo, rimenò a suo luogo la tanto desderata preziosa statua accolta con indicibile entusiasmo e festa da tutta la popolazione. Pe' suoi gran meriti, per la grande dottrina e bontà di costumi Pio VII, fin dal prim'anno del suo governo, avealo in cuore eletto Vescovo ; ma, notificatagli la cosa, fece per umiltà il gran rifiuto. Il sommo Gerarca non lo accettò, e nominollo in seguito Arcivescovo di Perugia, della qual sede, non si sa la ragione, non prese possesso; e così avemmo la sorte d'ottenerlo noi per la nostra mensa vescovile. Il Borghi, con carità vera cristiana, mansuetudine, accortezza e prudenza, resse la diocesi a lui affidata, e, morendo in età di circa 76 anni agli 8 di giugno del 1834, lasciò di sé bella fama e doloroso desiderio di sua persona in tutti i cuori delli narnesi, dei loretani, e di chiunque ebbe il bene di conoscerlo e ammirarlo. Il suo Vicario generale Pagliardini ne fece l' elogio nelle pubbliche essequie e da questo tolsi le notizie date. [17]
LXXXI. Tamburini Gioacchino
1834. — Imolese di patria, e di mediocre condizione ; ma si può reputare per uno de' più dotti ed amati sacri Pastori della nostra città. Di alta vigorosa persona, di bella e dignitosa presenza con la dolcezza de' modi e la forza delle faconde parole traeva a sè il cuore di tutti. Conoscitore profondo degli uomini e del maneggio degli affari sapea con prudenza ed accortezza governarsi. E ne acquistò maggiormente la pratica nello sbrigare gli affari del proprio Vescovo in qualità di Vicario generale. Laureato in belle lettere, nella filosofia, teologia e nelle leggi, tenne cattedra di queste discipline in vari luoghi della Romagna, e, pubblicando varie opere, ottenne fama di scrittore elegante e forbito tanto in prosa, come in versi italiani e latini.  Dopo quattro mesi dalla morte del suo antecessore, ottenne il nostr' ovile; ma il Papa, pochi anni appresso, l' ebbe designato a quello di Pesaro. Allora i narnesi, mossi dall' affetto, supplicarono il Sovrano di non tòrlo, essendo ben contenti di lui. La grazia venne fatta, ma per breve tempo, perchè ai 22 luglio del 1842 ebbe il traslogamento a Cervia, ove morì. Cagione dell' improvviso traslogamento si vuole che fosse le troppe giornaliere visite, e i lunghi trattenimenti entro i monasteri delle monache, e la facile introduzione in loro dei secolari. Le vecchie monache soffrivano a malincuore questa soverchia familiarità, benché onesta, di Monsignore, per cui ne fecero secreto ricorso ai Superiori, che subito prudentemente lo allontanarono dalle troppo grate monacali conversazioni. 
LXXXII Gallicari Giuseppe Maria
1842 — Canonico onorario nella città di Fuligno sua patria, e molto dotto in teologia e ne' sacri canoni ottenne, per concorso, in Roma la parrocchia di s. Giacomo in Augusta. A quest' officio furongli aggiunti quelli di esaminatore del clero, di difensore presso il Vicariato delle cause matrimoniali. Bene adempiendo siffatti carichi, acquistossi molta reputazione e stima, per cui il Pontefice si risolvette eleggerlo alla nostra sede episcopale convinto che saria stato buon Vescovo, come fu buon parroco. Ma s' ingannò, non già per la bontà dell' animo, dell' ingegno e dei costumi, si bene pel suo carattere debole e irresoluto non accconcio a ben sostenere si alta dignità. Di modo che si facea giocar da tutti, e non era fermo né suoi giudizi e falliva spesso nelle proprie risoluzioni. Per tal cagione ebbe spesso aspri rimproveri dai Superiori, che gli recarono tanta amarezza e impressione da farlo impazzire. In questo stato fu accolto in Fano dal fratello Governatore del luogo, e con lui dimorò vario tempo. Poi venne ricondotto in patria, e quivi, sempre malato fuor del senno, perdé la vita ed ebbe sepolcro. Io con profondo dolore intesi la sua fine tristissima, perchè mi amò teneramente, e sempre voleami in sua compagnia nella sacra visita. Questa sua cortesia diedemi occasione e facilità a raccorre e copiare di mia mano tutte le iscrizioni sacre e profane sparse per la diocesi, mentre nella sacra visita sta aperta qualunque chiesa, comprese quelle annualmente serrate ed esistenti nelle campagne. Così ne formai un volume, che, stante la mia grave età di anni 84 ben compiuti, rimarrà forse inedito, non potendolo più bene ordinare, compirle e annotare. Ma spero nascerà col tempo persona che adempia il mio disegno, il quale riuscirebbe utilissimo per tutta la diocesi. Nella raccolta potrebbonsi anco aggiungere le antiche iscrizioni romane, che comunicai al prof. Bormann tedesco pel Corpus inscrip. latinar. che stampasi in Berlino, e che comprende pure tutte le iscrizioni dell'Umbria in un volume da pubblicarsi. 
LXXXIII. Luzi Giacinto
1858. — Nacque il 20 decembre del 1813 in Comunanza, distretto di Montalto, e fin da giovanetto diedesi a conoscere di docile carattere, di animo disposto alle virtù e d' ingegno elevatissimo. Gli accorti e saggi genitori seppero svilupparvi i preziosi semi nascosti, educandolo, prima co' santi principi della religione cristiana, e poi con le piacevoli e utili discipline delle belle lettere e delle scienze sacre e profane, essendosi risoluto di prendere l' abito ecclesiasteco. In queste pose l' animo e la mente con buona e ferma volontà si che ne trasse in breve tempo grande profitto. Il suo largo sapere, accompagnato da buoni costumi, gli fruttarono onori, carichi, e dignità. Dal suo Municipio venne scelto nel 1837 a maestro di umanità e rettorica nelle pubbliche scuole. Siffatto officio esercitò per due bienni, avendolo il Vescovo di Montalto Canestrari chiamato a sé per metterlo in Seminario e come rettore e come maestro di teologia. Ma, nata l'occasione di un concorso, con rigoroso esame, alla prebenda teologale dell' insigne Collegiata di Force, vuolle pur egli tentarne la pruova, che riusci a meraviglia, avendo superato tutti i suoi emuli. Esso ignorava il diritto canonico e civile, e questo studio credette necessario per un teologo, laonde si risolvette accettare in Roma la offertagli rettoria del celebre Ospizio di s. Michele a Ripa grande ; cosi studiò e resesi pur dotto in esse facoltà. Governo l' Ospizio con temperanza e fortezza, fin
ché Monsignor Sacconi, Arcivescovo di Nicea, conoscendolo a fondo, lo scelse a suo segretario, quando nel luglio del 1841 andò Nunzio in Baviera. Quivi da segretario passò Uditore, e in seguito Internunzio, allorché il Sacconi, richiamato a Roma, lasciò il posto. Godea tanta reputazione, per la sua molt' abilità, nello sbrigare gli affari, che il Re di Napoli fecelo suo incaricato diplomatico in detta estra corte, e ne rimase tanto soddisfatto, che gli piacque decorarlo dell' Ordine cavalleresco di Francesco I, e Force e Montalto lo scrissero nelle loro nobiltà. Con questi meriti e ottime qualità venne da Pio IX proclamato nostro Vescovo ai 23 decembre del 1858, e consecrato il 27 marzo del 1859 dall' Arcivescovo di Monaco in Baviera. Fu grandemente festeggiata la sua entrata in città, ed una solenne Accademia musicale e poetica chiuse la festosa giornata. Governò la diocesi con molta premura e intelligenza, e fecele quel bene che potè. Si occupò molto della riforma del Seminario per avere buoni e dotti alunni, e fecelo rifiorire con savio regolamento e valenti maestri forastieri. Ma la scelta dei maestri tutti forastieri disgustò il clero narnese, perché a questo diede a conoscere la sua disistima e per ciò tra loro non fu mai buona armonia. Preso dal male della spinite, stette sofferente per 4 anni, perché fu costretto chiedere un coadiutore. Nel gennaio del 1876 passò all'eterno riposo, compianto da chi ammirò in lui la molta dottrina e le belle virtù. 

LXXXIV. Galli Vitale
1875 — Cotesto Monsignore fu il coadiutore del Luzi infermo. Ebbe suo natale in Cagli, e giovanetto indossò l' abito ecclesiastico. Da' suoi genitori fu acconciato nel patrio Seminario, ove si condusse egregiamente. Quivi studiata grammatica, rettorica e filosofia con impegno e profitto, ebbe la fortuna di passare nel Seminario Pio di Roma, meglio disciplinato e ben fornito di studi e maestri. In esso apprese il diritto canonico civile, la teologia e morale, ed in ogni disciplina fu dottore.  Compiuto il corso degli studi in detto luogo, rimpatriò ad officiare la chiesa cattedrale, ove già era canonico. Il Vescovo, sperimentata la sua dottrina, diedegli la cattedra di belle lettere nel Seminario diocesano, alla cui disciplina già sorvegliava come deputato. Vacata la prebenda del Penitenziere, vi concorse e la ottenne, superando tutti gli altri aspiranti. In seguito fu in dignità di Preposito, la prima del Capitolo della Cattedrale. Ebbe inoltre le cariche di Esaminatore prosinodale, difensore per validità de' matrimoni nella cura ecclesiastica, e della medesima Provicario generale, come pure Vicario, capitolare, quando il Vescovo cessò di vivere. Stette in quest' officio sino al 5 luglio del 1875, nel quale anno, come già dichiarammo, venne creato Vescovo di Auria in partibus infidelium, e quindi a Coadiutore di Mons. Luzi con futura successione. Consecrato in Roma dal Cardinal Patrizi nella chiesa di s. Apollinare, addì 11 luglio 1875, verso la fine di questo mese recossi tra noi. Ma per poco tempo governò come Coadiutore, perchè nel 9 gennaio del 1876 il Luzi passò all'eternità, ed ei divenne Vescovo assoluto.  Fu uomo pacifico, buono e molto intelligente ; ma sempre di cattivo umore per cagion del corpo malsano che gli faceva abborrire la conversazione degli uomini e amare la solitudine. In questa trista condizione essendo lo spirito abbattuto, poco si occupò del reggimento della diocesi, e si può dire che non fece nè bene, né male. Ritiratosi per qualche tempo in Cagli, a respirare l' aria natia, e con questa mitigare l' abituale sua malattia, invece gli fu veleno mortale, avendo perduta la vita ai 12 luglio 1888. I suoi parenti me ne parteciparono la notizia con questo luttuoso biglietto : « Raffaele, Pacifico, Geronzio Galli e Valcelli Caterina coniugi partecipano alla S. V. la repentina morte del loro rispettivo fratello e cognato Vitale Galli Vescovo di Narni avvenuta il giorno 12 luglio 1888 alle ore 8 ant. nella verde età di anni 55 munito dei conforti di santa religione ». 

LXXXV. Boccanera Cesare
1888 — La gazzetta del Clero nel suo foglio numero 5-6 dell'anno XIV (Roma, 20 febbraio 1890), dopo aver parlato delle liete e solenni accoglienze, fatte al nuovo vivente Pastore, nella sua venuta, dal popolo narnese, ci dona di lui le seguenti notizie : « Monsignor Cesare Boccanera nacque in Roma, il 24 giugno 1840, dai coniugi Dottor Tobia Boccanera da Leonessa negli Abruzzi, che sacrificò la vita nell' assistere i colerosi qui in Roma il 10 agosto 1867, e da Violante Serbolisca romana. « Giovanetto entrò nelle scuole di s. Apollinare, presso il Pontificio Seminario Romano, nel quale per concorso ebbe il posto di Alunno nell'anno 1855. Quivi compié con lode gli studi di lettaratura, filosofia e teologia, riportando le rispettive lauree.  « Ordinato sacerdote nella Pasqua del 1863, fu
aggiudicato supplente dei chiarissimi Professori Carlo Nocella e Achille Stanquillini, che insegnavano rettorica nel detto Liceo. « Ai primi di Maggio 1867 entrò come Parroco Coadiutore nella venerabile Basilica di s. Maria in Roma, dalla quale passò alla Coadiutoria della Parrocchia Liberiana il 27 marzo 1870, la qual Parrocchia ha amministrato fino alla sua promozione Vescovile con disinteresse, alacrità e zelo, lasciando vivo desiderio di sè nell' animo dei parrocchiani, che ne' suoi vent' anni di ministero raggiunsero il numero di circa 40,000.  « Fu nominato Vescovo di Narni jl 21 novembre 1888, preconizzato nel Concistoro dell'11 febbraio, e consecrato il 17 dello stesso mese da Sua Eminenza Revma il Sig. Cardinale Lucido Mario Parocchi, Vicario di Sua Santità, nella chiesa di s. Apollinare, dove aveva celebrato la sua prima messa ».  Fin qui la Gazzetta del Clero con piena verità sul detto soggetto ; ma io debbo aggiungere, che, appena uscito dal Seminario, venne annoverato tra i sacerdoti secolari della pia Unione di s. Gallo instituita in Roma da s. Giambattista De Rossi per la coltura spirituale de' poveri campagnoli. Fece pur parte di altre Congregazioni, che per brevità non nominò punto. Ma esso medesimo, essendo Parroco, ne istituì due a bene spirituale della gioventù e dei poveri. Questa ultima specialmente sotto la sua tutela fioriva meravigliosamente, tutti i parrocchiani concorrendo a fare elemosina, e, quando partissi per la novella sede episcopale, lasciò nella Parrocchia a loro vantaggio la somma di lire quattro mila. Debbo poi, per su' onore, anco ricordare, come, stanziato tra noi, pensò subito alla nostra gioventù, piantando un nuovo luogo di educazione, inerente alla chiesa Cattedrale, a spese sue ed altrui, con bel disegno del valente Ingegnere e Cavaliere Antonio Ventura romano. Detto luogo consegnò alle Suore di sant'Anna, ed esse seppero fargli subito abilmente acquistare reputazione in città e fuori, di modo che non mancano alunni di ambo i sessi che lo frequentino in buon numero.  La città n'è gratissima a Monsignore, alle ottime Madri educatrici, e prega il cielo che all' uno e alle altre fiorisca a lungo la vita per vantaggio della gioventù, ed a loro eterna gloria. 


NOTE ALLA SERIE DEI VESCOVI NARNESI
[1] Leggi le complete notizie, che diedi su questo imperatore nell' opera da me pubblicata, e che ha per titolo - Alcune prose e versi ecc. —
[2] Quando le Monache di s. Luca s' impossessarono dell' abbandonato palazzo Capocaccia, molto guastarono, per renderlo di proprio uso, e questo e le pitture. L' Oratorio di s. Valentino fu trasferito dai Capocaccia istessi poco lontano da loro e dalla porta pubblica a sinistra della strada. L' iscrizione, ancora esistente del trasferimento, t' indica il luogo me
desimo, ed è così espressa : 

DIVI VALENTINI
AEDE VETVSTIORI APLICA
AVCTORITATE A RELIGIONE
REMOTA ET VSVI
MICHAELIS CAPOCACCIAE
NARNIENSIS ADMISSA HAC IDE
SVO POSITA IMPENDTO DOTIBVSQ.
MAJORIBVS AVCTA DEDICAVIT EI
DEM MDLXXIX 

Anco questo Oratorio fu col tempo sospeso e ridotto ad abitazione di povera gente.  Il palazzo fu venduto dal Demanio al Sig. Giuseppe Chiodi di Narni, e, per debiti di costui messo all' asta, andiede in mano del mastro muratore Ubaldi, che ora l' affitta a gente del volgo con crescente guasto del luogo.
[3] Nel libro degl' istrumenti del nostro Municipio, che contiene gli anni 1655 fino a tutto il 1678, descrivesi a pag. 220 la traslazione di detto corpo santo.
[4] Leggi il primo voi. della Miscellanea storica narnese, se desideri interamente conoscere le notizie che si hanno di questo Pontefice.
[5] Sta infissa sul muro di uno dei corridoji del convento. Quando la pubblicai nella Miscellanea, io la copiai dagli storici, ignorando che esisteva l' originale, per ciò la pubblicai, per colpa altrui, non molto corretta. Ma ora lo sarà, avendola da me stesso copiata sull originale.
[6] Tom. I, Dissert. IV.
[7] Tom. Ili, n. 31.
[8] Di questi due soggetti e degli altri vescovi Eroli diedi già notizia nella Miscellanea storica - narnese.
[9] Notes histor. concernent Les Recteurs du Comtè Venussin recuillies par Charles Cottier.
[10] Carpentras, Regist., lib. II, fogl. 159.
[11] Al Cappelletti diedi alcune esatte notizie per la sua citata opera sulle Chiese ci' Italia, quando fu a visitarmi in Narni ; ma non tutte le pose esattamente in luce.
[12] L' elenco vaticano così nota : > 4 Mar. 1523. Nicoldus de Soderinis fit eps Narnien.
[13] Su questo negozio compose il Bucciarelli una storia latina, il cui originale trovavasi un tempo in Narni presso il suo parente Bucciarelli, canonico della cattedrale, e succollettore delli Spogli per la santa Sede. Esso mi prestò cotesto manuscritto, ed io, con sua licenza, ne trassi copia. Fortuna, perché, in seguito alla morte di esso canonico, gli eredi vendettero tutte le sue carte e libri al pizzicagnolo, e così quel ms. originale ed importante andò a brani per involgere salumi, formaggi etc. Posseggo pure l' istruzione segreta, che l' Arcivescovo diede al suo Vicario prima di partire per la Spagna. In essa gli suggerisce il modo di governarsi in corte per ottenere buona reputazione presso i Ministri e il Re e così insinuarsi nel loro animo ed ottener l' intento. Questo scritto, pubblicandolo, gioverebbe assai a chiunque, o laico o ecclesiastico, se andasse in corte straniera a trattare affari d' importanza.
[14] Vedi la raccolta, da me fatta, di tutte le iscrizioni di Narni, e de' luoghi della sua diocesi.
[15] Leggi la Monografia della Madonna del Ponte da me scritta e pubblicata in Roma dal Bertelli nel 1865 
[16] Nel libro dei morti leggesi su di lui questa particola « 14 giugno 1818 » Stronconii in sacra visitatione morbo repentino correptus obiit . . . aetatis suae circiter annorum 73 ». Tutte le altre notizie sono tolte da una memoria manuscritta su detto Vescovo che ho presso di me.
[17]) Questo elogio, di cui possiedo copia, si stampò in Pesaro nel 1834 dalla Tipografia di Annesio Nobili.


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Tutte le foto, eccetto dove diversamente specificato, su gentile concessione della Diocesi di Terni-Narni-Amelia (aut. N. 526/15)
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