La breve biografia che segue è la traduzione in lingua italiana della Vita di san Giovenale, la biografia che nella Biblioteca Hagiografica Latina porta il numero 4614 datata tra il IX e il X secolo.
Mentre ormai quasi tutte le città erano giunte alla fede di Cristo grazie alla predicazione dei martiri, solo la città di Narni [che prima era chiamata Nequinum in quanto prese il nome da nequizia, cioè malvagità] non riceveva assolutamente nessuno che predicasse la grazia di Cristo. Infatti lì vi era tanta venerazione degli idoli, che nessun posto vi si poteva trovare dove non si sacrificasse nei templi a Giove, a Giunone, a Marte, a Saturno, a Diana, a Fortuna e a tutti gli altri dei pagani.
Avvenne che l’imperatore Augusto muoveva guerra contro i Persiani e da tutte le città prendeva con sé l’esercito: solo Narni si rifiutò di uscire in guerra con lui. Pertanto concesse la città alle scorrerie della popolazione dei Carpi. Entrarono, devastarono ogni cosa e distrussero la città con un incendio. Quando l’imperatore ritornò con la vittoria e con molto bottino, rattristandosi per questa città, ordinò che ne fosse ricostruita la parte centrale e vi costruì anche un ponte di meravigliosa grandezza e senza eguali, vi fece passare un acquedotto e fece entrare a Narni cittadini presi da diverse città. E posto ad essa il nome del fiume Nera, fu chiamata Narni Colonia.
La città di Narni era visitata da molti Santi: da san Terenziano e da san Feliciano e da san Valentino continuamente e tuttavia, come abbiamo detto, di nessuno accoglieva la parola di salvezza. Accadde tuttavia che san Giovenale, sacerdote, di professione medico, dall’Africa si dirigesse a Roma. E quando fu accolto nella casa della matrona Filadelfia, che discendeva dalla famiglia dell’imperatore, ella si informò e apprese che la sola città di Narni non aveva un vescovo. Avendovi però trovato uomini e donne della stirpe degli Anicii, fedeli a Cristo, si recarono tutti insieme a Roma per chiedere al Papa Damaso che Giovenale fosse ordinato vescovo e così avvenne.
San Giovenale esortò subito il popolo narnese ad allontanarsi dagli idoli e diventare fedeli di Cristo. Eresse un tempio in onore del santo martire Valentino e lì celebrava i santi misteri e faceva cose meravigliose e molti miracoli. Un giorno accadde che, mentre si recava a detto tempio, giunse presso un toro d’oro. Subito uscì dal tempio l’uomo che vi sacrificava e, trattenendo il santo, si sforzava di infilargli nella bocca con la spada la carne di vittima immolata agli idoli ma la spada, al contrario, si conficcò nella sua gola e il sacrilego morì. Vedendo questo la gente di Narni fu sorpresa: credettero e furono battezzati quasi in duemila, uomini e donne.
Dopo quasi quattrocento anni dal sacco di Nequinum, accadde che la discendenza di quegli stessi Carpi che l’avevano precedente distrutta, procedevano dai propri paesi a devastare le città. Giunsero alla valle che si trova fra Terni e Narni e assediarono Terni che fu presa e ne riportarono una gran preda, uccidendo numerosissime persone. Poi presero d’assedio Narni, mentre ancora era vivo san Giovenale. Questi, fatta una preghiera al Signore insieme ai suoi fedeli, cantò un Salmo stando sulla cerchia delle mura: “Siano Signore, le vie di costoro buie e pericolose e il tuo angelo li perseguiti: giunga ad essi un’insidia che ignorano e si impadronisca di loro la trappola che avevano nascosta” e aggiunse questa preghiera: “O Dio, concedi a questa città la gioia della rovina dei Carpi, affinché credano, poiché tu sei il solo Dio, per il nostro Signore Gesù Cristo tuo figlio, che vive in eterno con te , con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli”. E avendo risposto tutti “Amen” all’improvviso tuonò dal cielo il Signore e l’Altissimo emise la sua voce, scagliò le sue saette e li disperse, moltiplicò le folgori e li sconfisse. Così più di tremila uomini con le loro armi furono sprofondati e non si videro più e Narni fu liberata.
Allora san Giovenale, dichiarato il digiuno, celebrò i santi misteri. Aveva un calice di vetro cristallino, piccolo certamente, ma rinomato per il suo potere. Mentre tante migliaia di persone avvicinavano ad esso le labbra, ancora non era riempito di nuovo dal sacerdote, che il liquore contenutovi aumentava. Allora tutti glorificavano Dio che si era degnato di mostrare simili cose attraverso il proprio servo Giovenale. Passati poi sette anni dalla sua consacrazione, Giovenale esalò l’anima e fu sepolto presso la Porta Superiore, sulla via Flaminia, al cinquantesimo miglio dalla città di Roma e il suo dies Natalis è celebrato il quinto giorno delle None di Maggio [il tre]: giorno nel quale fu ritrovata la croce del Signore, da Elena, madre dell’imperatore Costantino, nel luogo detto Calvario, a Gerusalemme.
Più di quaranta uomini raccontano che la loro nave aveva scampato un pericolo ormai incombente grazie alle preghiere di san Giovenale. Navigavano dunque circa trecento marinai che dall’Oriente si dirigevano al porto su una nave carica di merce; e mentre navigavano attraverso mari tranquilli e sicuri, a mezzogiorno sopraggiunse una notte buia, si misero a soffiare vènti, tuonò la tempesta con una tromba d’aria. Affondava la nave così che credevano non restasse nessuna speranza di vita. All’improvviso apparve loro un angelo del Signore sotto l’aspetto di san Giovenale che stava in piedi sopra le acque. Ed essi vedendolo dissero: “Se sei un uomo di Dio, salvaci!” E quello distese le mani e pregò per loro e sùbito giunsero al porto della sicurezza desiderato. Allora gli chiesero chi fosse ed egli disse loro “Io sono Giovenale, vescovo di Narni. Rendete grazie a Dio che vi liberò. E se vorrete cercarmi mi troverete presso la Porta Superiore di quella città”. E dicendo queste cose sparì dai loro occhi ed essi, completamente stupiti, glorificavano il Signore.
Fatte le loro cose, quegli uomini mandarono quaranta ambasciatori a Narni, come detto, con grandi doni. Compirono un viaggio di due giorni e quando arrivarono a Narni cercavano dove fosse il loro liberatore Giovenale e quando seppero che era già morto vollero vedere il suo sepolcro. Uno di essi che era affetto da febbre quartana, appena toccata la sua tomba, sùbito vomitò un veleno bilioso e se andò sano. I quaranta consegnarono i doni al beatissimo vescovo Massimo, successore di Giovenale ed espressero il desiderio che si costruisse una basilica con la confessione, cosa che fu fatta. E da quella confessione ogni anno, nel giorno della nascita di san Giovenale, emana tanta acqua di sudore che viene raccolta e conservata in ampolle e, mescolata con dell’olio santo, viene portata ai malati che con l’aiuto del Signore, guariscono. Queste imprese di san Giovenale sono state pubblicate per volontà del beatissimo vescovo Massimo, sotto la richiesta di coloro i quali, essendo stati da lui salvati, vollero conoscere la sua vita e le sue azioni. E ritornati con grande gioia ringraziarono il signore per Gesù Cristo, al quale è l’onore e la gloria, la lode e il potere, insieme allo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen