La chiesa di Santa Margherita (Alessandro Novelli)
Il ciclo pittorico L’interno della chiesa, ad aula unica, si presenta come uno scrigno di stucchi e pitture che ricoprono completamente tutta la superficie delle murature. Sulla volta si ammira, appena varcato l’ingresso, l’arme della famiglia Cesi (l’albero del corniolo sopra a sei monti), al centro, la figura in stucco di Santa Margherita che calpesta il drago e, in prossimità dell’altare maggiore, l’iscrizione elogiativa che ricorda il vescovo Angelo Cesi. La volta dell’edificio si imposta sopra ad un fregio decorato da metope e triglifi, su cui si appoggiano stemmi di famiglie nobili narnesi tra cui si riconoscono quello degli Eroli, quello dei Cesi e il grifo, simbolo della città di Narni. Le pareti laterali sono interrotte da lesene che affiancano due altari minori, mentre, in fondo alla chiesa, campeggia l’altare maggiore completamente realizzato in stucco e ospitante una classica tela databile tra la fine del Seicento e i primi anni del secolo successivo, raffigurante La Madonna con il Bambino tra Santa Margherita e papa Eugenio III. Ai lati dell’altare sono due tele più piccole di diversa datazione: sulla sinistra una molto rovinata ma di alta qualità ospita l’elegante figura di Santa Caterina d’Alessandria, mentre sulla destra si conserva il più tardo dipinto con l’immagine di Santa Caterina da Siena. Sulle pareti laterali della chiesa si svelano entro dei grandi riquadri circondati da cornici a monocromo su cui siedono spiritosi puttini, quattro storie della vita e del martirio di Santa Margherita d’Antiochia, titolare dell’edificio.
Il ciclo, come testimonia un’iscrizione murata su una parete del coro delle monache posto dietro all’ altare maggiore, venne eseguito grazie al contributo di un certo Aurelio Amigazzi di Bergamo che, in cambio, nel 1606 ottenne dalle religiose il patronato dell’altare di Santa Degna (quello posto sulla parete destra della chiesa). Le storie della santa iniziano sulla parete sinistra dove nel primo riquadro è raffigurato l’Incontro tra la Giovane Margherita e il prefetto di Antiochia Olibrio; segue la scena (unica fin ora ad essere stata restaurata) con La flagellazione della santa. Il ciclo continua quindi sull’altra parete con la scena de La prova dell’olio bollente, subito a destra dell’altare maggiore, e termina con La decapitazione di Margherita, raffigurata alla destra dell’ingresso alla chiesa. Il pregevole ciclo pittorico, ancora privo di un completo e approfondito studio critico è stato portato all’attenzione del pubblico degli specialisti per la prima volta nel volume Ricerche in Umbria (1976, p. 35, p. 64, n. 1) dove si attribuisce genericamente ad un ignoto pittore di cultura romana “che, operando all’interno di un codice ancora tardomanieristico, sembra avvertire suggestioni del primo classicismo romano” (ivi, p. 35). Il primo ad avanzare per gli affreschi il nome di Antonio Circignani è stato Strinati (Recensione a Ricerche in Umbria1, in Antologia di Belle Arti, 1978, 6, p. 180).
Antonio Circignani, detto il Pomarancio, è stato un’ importante figura di artista formatosi a cavallo dei secoli XVI e XVII e con una cultura pittorica che, da una base di partenza legata alla tradizione romana di stampo manierista, si apre agli esiti del naturalismo seicentesco e caravaggesco. Figlio del pittore Niccolò Circignani da Pomarance (in Toscana), Antonio ha lavorato molto sia in Umbria che a Roma e a Firenze. In Umbria meridionale ha lasciato opere a Collescipoli e Amelia, mentre a Narni gli sono state attribuite una tela nella chiesa di Sant’Agostino (in attesa di restauro) e quella dell’altare maggiore della chiesa parrocchiale di San Nicola a Itieli (Ricerche in Umbria 4, 2006, p. 105, n. 201-205).