“Tu scendi dalle stelle…” canta la famosa pastorale di Sant’Alfonso Maria De’ Liguori:
Gesù-Dio scende nelle nostre ferite dolorose e costantemente aperte e sanguinanti a causa dell’odio e della nostra incapacità di dialogo. Gesù scende per curare queste ferite, per risanarle, per riportare pace, serenità, equilibrio. Scende perché ci vede confusi, perché ci sente gridare. Scende perché è Amore. Gesù non ha paura di scendere. Non ha paura di perdere le proprie caratteristiche di Dio. Sa che ciò sarà doloroso, lo sperimenterà nei tradimenti e nella morte crudele e solitaria. Ma il guadagno sarà maggiore: l’umanità sarà salvata e redenta! Gesù scende a scaldare il cuore di chi cerca la pace: «beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». Gesù scende perché vede che se Dio non si abbassa l’uomo non riesce a capire Dio nel suo mistero di essere Dio-con-noi, Dio-per-noi. Ma l’umanità si corrompe facilmente, dimentica la misericordia ed il perdono e non vuole salire alle Altezze del cuore di Dio… Præsepio significa mangiatoia, una mangiatoia “che abbraccia”. Questo abbraccio -nel nostro linguaggio familiare- significa calore, famiglia, disponibilità, coraggio e fiducia. Significa anche impegno, pazienza, perdono, accoglienza. Il nostro presepio è come una mano tesa che dalla Cattedrale scende nel cuore della nostra Città, delle nostre famiglie e delle nostre solitudini, delle nostre gioie e dei nostri dolori, delle nostre attività e del nostro tempo libero. A qualcuno sembrerà un’istallazione tradizionale tra le altre iniziative di questo periodo. No. È un segno esteriore che parla di un Qualcuno che non ha esitato a perdersi affinché io, noi, tutti, ci ritrovassimo. È un segno che non offende nessuno, anzi, difende tutti. È un segno che, come un piccolissimo germoglio nella terra arida, ha salvato, salva e salverà ancora questo nostro povero mondo in cerca di pace. Santo Natale a tutti voi! don Sergio |
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La Natività nell'arte contemporanea 2015nella chiesa di San FrancescoLe tristi sorti del mondo sembrano segnate da sempre, nulla di nuovo sorge sotto il sole.
I popoli sembrano stati creati per essere in perenne contrasto, gli aneliti ad un qualche dio sfibrati nella ricerca del proprio compiacimento, il tempo fissato in un inutile, scontato, scorrere… Ma non è così. La realtà non è questa! Questo è soltanto l’occhio – anche se l’occhio è lo specchio dell’anima – dell’umanità contemporanea assorta e ripiegata su se stessa: un occhio malato ma non condannato, un occhio stanco ma non spento, un occhio appesantito ma non chiuso. L’incarnazione di Dio ha ribaltato la sorte di Eva, rannicchiata tra il piacere ed il senso di colpa, in quella di Maria, dimentica di sé e protesa verso la pace dell’eterno. Dio ha opposto la sorte di genti erranti verso un dio teorico in quella di un popolo pellegrino incontro ad un Dio tangibile. Absurdum! No. Semplicemente divino. L’uomo continua a credere di potersi emancipare con le proprie – dolorose – magnifiche sorti e progressive, mentre è già stato divinizzato grazie a quell’admirabile commercium di un Bambino divino che ha avuto il coraggio di prendere su di sé la nostra umanità. Ecco allora il senso di continuare a proporre questa mostra: riprovare a comporre in modo sempre nuovo quella Natività che vede il centro Divino impresso nel prossimo umano. Continuare a cantare in un coro antico e sempre nuovo il Fine del tempo, il Senso della storia, la Luce del mondo che brilla in una grotta dispersa nella globalizzazione dell’indifferenza, nascosta tra il confuso belato delle pecore, il muggito cupo dei buoi e lo scomposto raglio degli asini della dittatura del relativismo. Un sentito grazie agli artisti espositori, ai giovani rappresentanti delle Scuole del territorio, all’Amministrazione Comunale e a quanti si impegnano per la buona riuscita dell’iniziativa ed in modo particolare a Giorgio Sebastiani che ne cura annualmente l’organizzazione e la fattibilità, a Giuseppe Fortunati per la disponibilità ed il servizio di comunicazione, e a Mario Matticari che segue e stimola gli artisti a confrontarsi con questo mistero semplicemente eterno. don Sergio |