I sotterranei della chiesa
Scendendo per la via di Santa Maria Impensole, che costeggia il fianco destro della chiesa e quello sinistro del seicentesco palazzo Mosca, si percorre una delle più suggestive vie medievali di Narni. Lungo il tragitto si può ammirare, sulla sinistra, la differente struttura muraria della chiesa, dove si riconosce facilmente la parte più antica, realizzata in grossi conci di pietra sbozzati in maniera rudimentale, da quella dell'edificio romanico, costruito con blocchetti di pietra calcarea molto più regolari. A circa metà della via, sulla sinistra, si apre una porta che da accesso ai sotterranei della chiesa, situati a circa tre metri di profondità dalla quota del pavimento della chiesa superiore. I sotterranei sono suddivisi in due ambienti principali a cui se ne collegano altri di minori dimensioni. In primo luogo si accede ad una stanza di forma trapezoidale. La scala di legno visibile sullo sfondo permetteva di salire alla sagrestia della chiesa mentre, sempre in fondo a questo ambiente, dall'apertura posta sulla sinistra si può accedere ad un piccolo locale coperto con una volta a botte, orientato in direzione est-ovest, che conduce ad una cisterna romana: questa ha una forma cilindrica, con una circonferenza irregolare ed è rivestita di cocciopesto; l'altezza massima misura cm 590 e il diametro massimo cm 425. Dalla prima apertura che si presenta sulla parete sinistra della stanza trapezoidale si entra nei veri e propri sotterranei della chiesa, scoperti e scavati dallo storico narnese Giovanni Eroli nel 1882. L'ambiente, di forma rettangolare, è suddiviso in tre corridoi da sei pilastri quadrangolari realizzati in pietra bianca e rosa. Questi ultimi furono eretti per appoggiare le volte che dovevano sostenere il peso del pavimento della soprastante chiesa romanica. Questo vano corrisponde, nelle sue dimensioni perimetrali, all’aula di culto della primitiva chiesa preromanica, orientata, come la chiesa superiore, in direzione est-ovest e dotata di un’abside semicircolare, localizzabile nel punto in cui si apre l’ingresso a questo ambiente. La chiesa preromanica si trovava a una quota più bassa di due metri rispetto a quella della chiesa soprastante e a circa un metro e mezzo di altezza rispetto all’attuale piano di calpestio. Lungo la parete settentrionale (alla destra di chi entra) sono visibili quattro sepolcri. Il primo che si vede sulla destra è formato da una cassa in travertino, incastonata nel muro e sormontata da un arco a tutto sesto realizzato in pietre conce: essa doveva appartenere ad un personaggio importante, data la monumentalità del sarcofago (Nini 2007, p. 28). Delle restanti sepolture tuttora conservate, due sono state realizzate con la cassa in muratura, mentre l'ultima, come la prima, è ricavata nello spessore della parete. Anche all’interno di questo ambiente sono visibili i resti di alcune strutture romane riferibili ad un edificio privato di epoca repubblicana (Ivi, p. 36): si tratta di tre setti murari di un altezza di circa 30 cm, che in alcuni punti mostrano il rivestimento con blocchetti di calcare disposti a formare una cortina a “spina di pesce” (ivi, p. 28). In fondo all’ambiente in cui si trovano i pilastri, in corrispondenza del punto in cui il semipilastro di sinistra si innesta alla parete di fondo, è visibile parte della bocca di un’altra cisterna romana di forma circolare e della profondità di circa 3 metri. Il serbatoio è tagliato in due in tutta la sua profondità da un muro di grossi blocchi di pietra non lavorata, utilizzato come fondazione per erigere la parete di facciata della chiesa preromanica. Dalla parete di fondo del suggestivo ambiente appena descritto, sulla destra, si accede ad uno stretto corridoio voltato che corre sotto al portico della chiesa romanica e conduce fino ad un piccolo locale di forma quadrangolare che si trova sotto all’angolo meridionale del portico. R. Nini, Lo spazio urbano di Narni nel medioevo. La chiesa di Santa Maria Impensole, in Narni e i suoi statuti medievali, Atti del Convegno di studio (Narni, 14-15 maggio 2005), Todi 2007, pp. 13-40. |